Banda larga: si torna ad investire

In crescita gli investimenti per la banda larga. Diminuisce la propensione allo spostamento di molti uomini d'affari che ora preferiscono il "remote working". Ma su questa rinnovata spinta ad investire vigila l'Unione Europea.
In crescita gli investimenti per la banda larga. Diminuisce la propensione allo spostamento di molti uomini d'affari che ora preferiscono il "remote working". Ma su questa rinnovata spinta ad investire vigila l'Unione Europea.

Dopo mesi di delusioni e mancate partenze sembra aprirsi uno spiraglio sul versante della connessione veloce. È del mese scorso l’iniziativa, tuttora in corso, patrocinata ministri per l’Innovazione e le Tecnologie Lucio Stanca e delle Comunicazioni Maurizio Gasparri, di istituire una vera e propria “task force” governativa per favorire rapidamente in Italia la realizzazione delle infrastrutture necessarie per la banda larga, rispondendo, del resto, a precise direttive dell’Unione Europea in materia.



Alla luce poi dell’attuale clima internazionale c’è una rinnovata richiesta di connettività. Non è un mistero che in molti appartenenti alla cosiddetta “business community” si è di fatto generata una certa paura allo spostamento aereo, per cui ne consegue una maggiore propensione al “remote working”. Ed aumenta naturalmente la richiesta di servizi in outsourcing in particolare legati alla sicurezza come la trasmissione dati protetta, sistemi di disaster recovery, videoconferenze ecc. E tirano naturalmente un sospiro di sollievo le aziende Tlc, che nei mesi scorsi hanno visto assottigliare, spesso sensibilmente, i margini di profitto derivanti soprattutto dai cosiddetti servizi “voce”, quelli legati alla classica “telefonata” per intenderci.



Frutto di una corsa al ribasso tariffario, visto come unica arma efficace per conquistare consistenti fette del mercato “consumer”, e cioè quello formato dai privati e non dalle imprese. Ma i guadagni veri si fanno proprio con chi ha una partita Iva e i gestori di telefonia lo sanno molto bene. Gli operatori dunque sperano di vedere aumentati gli introiti derivanti dalla banda larga per poter proseguire negli investimenti in questo settore altamente strategico e di conseguenza allargare progressivamente la base degli utenti.



Ma la paura dello spostamento potrebbe non essere l’unico motivo alla base dell’aumento degli investimenti e della maggiore domanda di connettività veloce. Infatti secondo un recente studio realizzato da una commissione di esperti Tlc per conto dell’Unione europea, in diversi stati membri il numero delle connessioni Internet a banda larga sulle linee telefoniche aggiornate alla tecnologia DSL sarebbe raddoppiato negli ultimi sei mesi.



Questo stesso studio ritiene che gli ex operatori statali potrebbero aver violato le leggi dell’Unione Europea dal momento che tutti gli stati membri – ad eccezione di Germania, Francia e Olanda – avrebbero cominciato a distribuire linee DSL molto prima di consentire la stessa cosa ai nuovi operatori affacciatisi sul mercato. Ne consegue quindi un serio problema di concorrenzialità che di fatto minerebbe gli stessi obiettivi di liberalizzazione del mercato europeo e che rappresenterebbe un macigno sulla strada della trasformazione dell’Europa entro il 2010 nel mercato tecnologico più dinamico e all’avanguardia del mondo, progetto fortemente voluto dalla stessa Ue

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