Banda larga italiana: siamo piccoli ma cresceremo

Il 2001 si è chiuso con l'Italia ancora molto indietro nello sviluppo della rete a banda larga. Rete che comunque è destinata ad espadersi, secondo Assinform, è che conoscerà il suo boom nel 2003.
Il 2001 si è chiuso con l'Italia ancora molto indietro nello sviluppo della rete a banda larga. Rete che comunque è destinata ad espadersi, secondo Assinform, è che conoscerà il suo boom nel 2003.

Ancora lenta la crescita della rete a banda larga secondo il rapporto dell’istituto Gartner. Infatti secondo questa rilevazione solo 5 case su 1.000 nel Bel Paese conoscono ed usano l’Adsl. Una inezia a confronto dei 21 milioni di utenti degli Usa. Più ottimisti invece gli imprenditori dell’ Ict nostrani. Infatti, secondo il rapporto sulla banda larga di Assinform, l’associazione che raccoglie le aziende di informatica e telecomunicazioni, la rete sarebbe destinata ad espadersi velocemente nell’arco del 2003 con circa 7 milioni di chilometri di fibra ottica posati su tutto il territorio nazionale.

Secondo il rapporto dell’associazione delle imprese che operano nell’ICT La quantità di fibra ottica posata è in forte crescita, soprattutto per ciò che riguarda le reti urbane, le cosiddette Metropolitan Area Network (Man, ossia reti metropolitane), dove sono attualmente in atto progetti di cablatura. Nel primo semestre dell’anno si sarebbe verificato un incremento molto vicino al 17% passando da circa 4,3 milioni di chilometri a più di 5 milioni. E sono state proprio le Man a crescere di più (20,8%), superando il milione di chilometri di fibra; meno bene le dorsali (le reti a lunga distanza + 15,9%), con oltre 4 milioni di chilometri. Naturalmente tra gli operatori del settore, è Telecom Italia a farla da padrone (60% delle fibre già realizzate), anche se stanno riguadagnando posizioni anche le nuove realtà del settore (+ 40,6% di fibre posate). Già alla fine di quest’ anno l’incremento dei chilometri di fibra posata sarà di oltre il 25%, soprattutto per effetto della crescita delle Man (+33,3%), mentre per le reti a lunga distanza l’aumento sarà più contenuto (21,5%). In sintesi, sempre secondo le stime del rapporto Assinform, sul finire del 2003 in Italia ci saranno oltre 7 milioni di chilometri di fibra ottica, di cui circa 5 milioni di dorsali e 2 di Man.

Va inoltre sottolineata una certa disomogeneità anche per ciò che riguarda la copertura geografica, e purtroppo le difficoltà maggiori si segnalano nel Sud della penisola e nelle isole dove la percentuale di fibra posata ammonta soltanto all’ 11,5 per cento. Meglio, ed era scontato il Nord-est (27%) e soprattutto Nord-ovest e Centro (con rispettivamente 30,8% e 30,7%).

Enormi difficoltà per lo sviluppo della rete finora sono venute, in particolare dalle normative di alcuni enti locali, come afferma lo stesso presidente di Assinform, Giulio Koch: “Infatti non mantenendo fede alla norma vigente, secondo la quale la concessione dei diritti di passaggio agli operatori forniti di regolare licenza deve essere considerato come atto dovuto, stabiliscono arbitrariamente norme e vincoli con valore locale. Vincoli che incidono negativamente sui tempi di rilascio delle autorizzazioni; sulle condizioni economiche poste agli operatori che cablano, per quanto riguarda scavi e ripristino del suolo; sugli oneri fissi annuali”.

Forte anche la pressione fiscale. “In molte città – continua Koch – tra cui Milano e Roma, dove l’attività di cablaggio è più forte – si stanno verificando aumenti fiscali molto significativi, talvolta con retroattività al 1° gennaio 2000”.

“Dall’analisi emerge che gli investimenti sono consistenti ma abbiamo anche verificato che ormai la sfida sta nel rimuovere i vincoli amministrativi alle ramificazioni urbane e territoriali delle reti, che consentono di portare i vantaggi della rete al più ampio numero di utenti, coinvolgendo anche le imprese e le amministrazioni italiane. Per questo motivo Assinform ritiene urgente definire un quadro normativo di riferimento certo, regolamentato dall’Autorità per le telecomunicazioni, che superi la varietà delle discipline vigenti a livello locale e che, allo stesso tempo, agevoli la concorrenza tra gestori, aprendo le infrastrutture esistenti in attesa che vengano posate quelle alternative”

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