11/9: la libertà in Rete un anno dopo

Ad un anno di distanza dagli attentati dell'11 settembre, la libertà di Internet è messa a rischio dalle misure anti‑terrorismo adottate dai governi occidentali, Italia in testa. Il rapporto annuale di Reporter Senza Frontiere sulla libertà d'informazione
Ad un anno di distanza dagli attentati dell'11 settembre, la libertà di Internet è messa a rischio dalle misure anti‑terrorismo adottate dai governi occidentali, Italia in testa. Il rapporto annuale di Reporter Senza Frontiere sulla libertà d'informazione

«Gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia, la Germania,
la Spagna, l’Italia, la Danimarca, il Parlamento europeo, il Consiglio d’Europa
e le nazioni del G8 hanno tutte messo in pericolo le cyber‑libertà nel corso dell’ultimo anno». È l’allarme lanciato dal segretario generale di Reporter Senza Frontiere, Robert Ménard, in occasione della presentazione del Rapporto sulla libertà d’Informazione 2002. Secondo Ménard, la Rete può essere inserita nella lista di «danni collaterali» causati dagli attentati dell’11 settembre 2001 contro New York e Washington.

Tra ottobre e dicembre dello scorso anno, tutti i governi
occidentali hanno introdotto legislazioni anti‑terrorismo che
conferiscono notevoli poteri alle forze dell’ordine limitando la riservatezza delle
comunicazioni elettroniche. I più attivi sono stati, ovviamente, gli Stati
Uniti che, come riportato all’epoca da HTML.it, già il 12 settembre avevano avviato l’installazione di dispositivi Carnivore presso i principali Internet Service Provider del paese. Successivamente, con l’approvazione il 24 ottobre dell’USA Patriot Act, gli americani hanno legalizzato il monitoraggio dei dati online. Gli Stati Uniti si sono riservati anche il diritto di perseguire penalmente chiunque nel mondo violi le leggi federali purché il crimine passi per canali USA; una minaccia che si è fatta pratica lo scorso novembre, quando l’unico ISP della Somalia è stato costretto a chiudere con l’accusa di aver aiutato Al‑Qaeda, lasciando il paese africano senza alcun accesso ad Internet fino a gennaio.

Un’influenza che gli Stati Uniti potrebbero far valere anche
nell’Unione Europea: secondo un
rapporto dell’europarlamentale radicale Marco Cappato, le modifiche alla
legislazione europea in materia di telecomunicazioni, approvate proprio in seguito ad una richiesta del presidente Bush, andrebbero contro i diritti e le libertà dei cittadini. Tra le modifiche introdotte nella direttiva c’è l’obbligo per gli ISP di tenere nota di tutte le attività passanti per le proprie linee e di metterle a disposizione su richiesta delle forze dell’ordine.

Un ampio capitolo del rapporto è dedicato all’Italia che, oltre ad aver approvato in dicembre una propria legislazione antiterrorismo, secondo
RSF sarebbe alla guida del fronte che, nel G8, preme per un inasprimento dei
controlli online. L’Italia era presidente di turno del G8 al momento degli
attentati e avanzò per prima l’idea di una politica per «combattere i crimini
su Internet
». Negli ultimi mesi, in effetti, è stata notata tra i paesi del G8 e i loro satelliti una migliore collaborazione per quanto riguarda lo scambio di informazioni riguardanti le comunicazioni elettroniche che potrebbero nascondere scambi di messaggi tra terroristi. RSF fa notare come l’Italia sia stata tra i principali sostenitori delle modifiche alla legislazione europea sulle telecomunicazioni. «Molti», si legge nel rapporto, «vedono la mano dell’Italia dietro queste misure internazionali».

«Cosa farebbero i cittadini europei e non solo se gli venisse detto che è passata una legge per la quale ciò che inviano per posta
può essere letto senza problemi dalla polizia?», si chiede Ménard. «Sarebbero scandalizzati per questa restrizione delle proprie libertà. Beh, questo
è esattamente il tipo di misure che sono state prese o stanno per essere prese per quanto riguarda Internet. Dobbiamo essere più vigili».

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