Microsoft un po' più open source

Tempo fa Microsoft annunciò che avrebbe aperto parte del proprio codice. A distanza di mesi da Redmond arriva una dichiarazione di intenti che evidenzia il desiderio di continuare su questa strada. Strategia o no, Microsoft sarà un po' più open.
Tempo fa Microsoft annunciò che avrebbe aperto parte del proprio codice. A distanza di mesi da Redmond arriva una dichiarazione di intenti che evidenzia il desiderio di continuare su questa strada. Strategia o no, Microsoft sarà un po' più open.

A piccoli passi Microsoft sta modificando un punto cardinale della propria struttura e della propria etica, avvicinandosi così alle posizioni della propria emergente prima concorrente: la comunità open source. Nelle ultime ore, infatti, Microsoft ha annunciato una nuova ulteriore disponibilità verso il codice aperto.

La dichiarazione di intenti non scende nei dettagli. Si parla genericamente di «tool», e l’unica vera precisazione è una negazione: né il sistema operativo Windows né il pacchetto Office (i prodotti di punta dell’azienda di Redmond) saranno coinvolti nel piano di avvicinamento all’open source.

Ad occuparsi di delineare il tutto si è incaricato il responsabile Microsoft Stephen Walli, il quale ha in mano lo strategico passaggio che, più che la tecnologia in sé, ricopre importanza assoluta soprattutto a livello etico e dal punto di vista dell’approccio al mercato. Il tutto è emerso nel momento in cui il dibattito ha affrontato l’argomento del contratto perso da Microsoft presso la città di Monaco, ove 14.000 computer sono in procinto di passare a Linux. Pur non sottovalutando l’accaduto, Walli ha tuttavia sottolineato come in termini assoluti si tratti di una perdita di poco conto, ma che nella fattispecie si tratta di uno smacco simbolico sul quale porre adeguata attenzione.

Dan Frye, direttore del Linux Technology Centre di IBM, intende meglio chiarire la situazione. Secondo Frye le possibilità sono molteplici, e quella scelta da IBM è semplicemente una delle tante. La stessa Microsoft ha più volte evidenziato le divergenze esistenti tra i vari tipi di licenza sotto cui il software viene rilasciato (GPL, e CPL ad esempio: sotto quest’ultima formula è stato rilasciato il recente Windows Installer XML). Strategicamente, tuttavia, rimane il sospetto che la mossa di Redmond altro non sia se un tentativo di occupare gli spazi di Linux pur di distoglierne i privilegi di nicchia guadagnati nel tempo.

La notizia dell’apertura ad esperienze di tipo open di per sé non è nuova, ma trattasi piuttosto di una importante conferma di una tendenza emergente. La scintilla del cambiamento era scoccata tra il 2002 ed il 2003, quando il programma Microsoft Shared Source muoveva i primi passi ed i puristi sollevarono i primi anatemi.

L’obiettivo del graduale dietrofront Microsoft è da ricercare da una parte nella necessità di contrastare la concorrenza sul suo stesso campo, ed inoltre in virtù di una ineluttabile evoluzione che giocoforza porta verso posizioni meno arroccate ed una maggiore apertura al mercato. Negli ultimi giorni anche Google ha annunciato una simile iniziativa, sottolineando che il cuore del motore rimarrà sempre segreto ma che varie suppellettili potrebbero essere aperte al bricolage degli interessati.

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