Microsoft, sinistre manovre anti-Linux

The Register solleva il caso: Microsoft, pur di contrastare Linux, avrebbe operato con modalità ben poco trasparenti ed avrebbe spuntato una fornitura da 5 milioni di sterline fornendo dati parziali con manovre discutibili.
The Register solleva il caso: Microsoft, pur di contrastare Linux, avrebbe operato con modalità ben poco trasparenti ed avrebbe spuntato una fornitura da 5 milioni di sterline fornendo dati parziali con manovre discutibili.

Arriva da “The Register”, testata non di solito benevola nei confronti del cosmo Microsoft, un’analisi che getta una luce sinistra sulle pratiche dell’azienda di Redmond nell’accaparrarsi clienti ai danni del rivale polo open source. I fatti sono riferiti ad un recente annuncio nel quale la Microsoft faceva vanto dell’avvenuto accordo con il Newham Council, un distretto amministrativo di Londra, per una fornitura decennale di software in grado di sviluppare un giro d’affari approssimativo di 5 milioni di sterline.

I sospetti della testata sono nati da una richiesta di chiarimenti alla quale non è mai giunta una risposta chiara: dopo vari tentennamenti è giunto un approfondimento ed in particolare “The Register” ha inteso scendere nel merito dei motivi a supporto della decisione di scartare l’open source a favore della piattaforma di Redmond.

La prima stonatura della vicenda è basata sul fatto che la decisione dell’acquirente sarebbe basata su dubbi dati forniti da un’intermediario terzo ed “indipendente” (CapGemini, sulla cui reale indipendenza da Microsoft si concentrano i peggiori dubbi dell’autore), incaricato di valutare i costi delle due opportunità e di relazionare le conclusioni ai fini della firma del contratto. Tali dati sarebbero emersi da uno strumento di indagine fornito da Gartner, ovvero “Gartner Total Cost of Ownership (TCO) Analyst 5.0”: nessun altro omologo strumento è stato preso in considerazione.

Secondo l’analisi di CapGemini i costi di mantenimento di una soluzione software open source sarebbero stati ben più alti di quelli di una soluzione Microsoft, una formula che l’azienda di Redmond va sottolineando da tempo. Sebbene l’open source garantisca un minore costo di acquisto, il costo di mantenimento sarebbe ben tre volte più alto.

Inizialmente la scelta Newham è caduta sulla via open source. Solo in seguito è avvenuto un improvviso riavvicinamento: proponendo una soluzione ad hoc in grado di modellare un particolare regime di licenza sul termine di “partnership”, Microsoft avrebbe ottenuto la licenza usando poi l’avvenuto accordo come grimaldello per promuovere la propria vittoria sull’open source.

The Register nota infine una nota positiva nella vicenda: per accaparrarsi la fornitura Microsoft ha dovuto agire con l’importante cliente non tanto come mero venditore (come usanza finora), ma come vero e proprio partner: ha accompagnato il cliente nella scelta del prodotto, ha garantito una fornitura plasmata sulle esigenze del cliente ed ha così modellato le proprie stesse abitudini.

I dettagli della vicenda, forniti di ulteriori risvolti meramente riguardanti il caso specifico, sono disponibili nel lungo articolo di “The Register”.

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