OECD: P2P, probabile danno e sicura opportunità

Una ricerca condotta dall'Organisation for Economic Cooperation and Development fotografa il peer-to-peer come una possibile (ma non dimostrabile) fonte di danno per l'industria musicale; il P2P rappresenta però soprattutto una imprescindibile opportunità
Una ricerca condotta dall'Organisation for Economic Cooperation and Development fotografa il peer-to-peer come una possibile (ma non dimostrabile) fonte di danno per l'industria musicale; il P2P rappresenta però soprattutto una imprescindibile opportunità

Una ricerca condotta dalla OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) conferma quanto il mondo del file-sharing tenta di spiegare da tempo: il P2P non è il male assoluto della musica. Secondo i dati raccolti dalla ricerca OECD il vero ostacolo all’industria musicale è costituito piuttosto da una errata politica economica e da un incauto regime dei prezzi. Queste, in particolare, le principali conclusioni tratte dal report dell’organizzazione:

  • 1 utente su 3 ha già scaricato file tramite reti P2P;
  • E’ difficile stabilire una relazione causale tra il calo di introiti registrato dall’industria musicale tra il 1999 ed il 2003 (-20%), ma la pirateria digitale può essere un impedimento al successo del mercato dell’e-content; gli stessi artisti rimangono divisi circa tale considerazione, in quanto lo sviluppo del settore sulla piattaforma digitale potrebbe far emergere nuove interessanti vie di distribuzione musicale e nuovi canali per la scoperta di giovani talenti;
  • La musica digitale rappresenta una parte minimale del mercato musicale nella sua globalità, ma questa fetta è in crescita e potrà raggiungere il 5% già nel 2008 (rappresentando una fetta tra il 5 ed il 10% degli introiti globali); in più vi sono significativi effetti positivi per il mercato dei PC, per le telecomunicazioni, per gli Internet Service Provider, per gli ambiti finanziari (carte di credito) e per altri nuovi intermediari sorti con il nuovo mercato

L’intervento si chiude infine con tre precise proposte di intervento:

  • L’interoperabilità deve divenire un principio cardine, dunque vanno omologati i formati DRM e la compatibilità degli strumenti hardware
  • La protezione della proprietà intellettuale deve divenire una piattaforma legale condivisa in ogni stato, senza discrasie tra le varie giurisdizioni
  • Il Digital Rights Management è uno strumento essenziale per la distribuzione della musica digitale, ma deve ottemperare ai principi di trasparenza e privacy imponendo al contempo limiti non troppo restrittivi («fair use») agli utenti.

La ricerca conferma dunque quanto già registrato dai numeri nella realtà: la pirateria “di strada” è il vero problema, mentre è molto più difficile stabilire il danno che la pirateria “privata” arreca al mercato. L’OECD, insomma, affibia le colpe maggiori proprio ai grandi produttori ed indica nella musica digitale una grande opportunità per il rilancio del settore (il report indica esplicitamente il 2004 di iTunes come l’anno della svolta).

Tra i paesi membri dell’OECD (ove la ricerca si è sviluppata), figura anche l’Italia, paese che recentemente la BSA ha additato proprio a causa dell’aumento in controtendenza del fenomeno pirateria. In Italia lo stesso Governo è sceso in campo con apposite campagne promozionali e con una legge particolarmente dibattuta. Negli ultimi giorni, intanto, la Federazione dell’Industria Musicale Italiana ha reso nota l’iniziativa di Childnet International e Pro-Music.org concernente «una nuova guida interattiva contro i potenziali rischi del P2P; una vera e propria campagna informativa rivolta principalmente ai genitori e nata allo scopo di educarli sul fenomeno ormai dilagante del file-sharing non autorizzato su Internet».

La ricerca OECD si completa con un’estesa analisi di tutti i servizi resi possibili dal broadband: l’organizzazione ne incoraggia in modo accorato la promozione e l’uso in quanto proprio nel broadband si celano nuove ed importanti opportunità sia livello economico, sia a livello sociale, sia sul piano culturale. L’OECD suggerisce in tal senso un intervento diretto delle istituzioni.

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