Respinto il ricorso delle radio online

Sono state rigettate le motivazioni che le radio online hanno presentato al Copyright Royalty Board per impedire l'aumento delle tariffe da pagare. Adesso rimane solo la corte federale come ultima spiaggia prima che in molti chiudano i battenti
Sono state rigettate le motivazioni che le radio online hanno presentato al Copyright Royalty Board per impedire l'aumento delle tariffe da pagare. Adesso rimane solo la corte federale come ultima spiaggia prima che in molti chiudano i battenti

Non ce l’hanno fatta Pandora, Last.fm, Accuradio e le molte altre radio online che sono fiorite in questi anni su internet: non ce l’hanno fatta a bloccare un provvedimento messo in atto dal Copyright Royalty Board che prevede un drastico aumento delle royalties da pagare relativamente alla musica trasmessa per i prossimi 5 anni.

Tre giudici del CRB, come si può leggere nel PDF originale, hanno sentenziato che: «nessuna delle parti in causa ha mostrato nuove prove che dimostrino errori o manifeste ingiustizie meritevoli di un riesame. Al contrario […] molte delle argomentazioni delle parti in causa a favore di un riesame hanno riproposto le medesime tesi e prove del precedente procedimento»

La disfatta è stata quasi completa. Le nuove regole infatti non solo entreranno in vigore come previsto, ma lo faranno anche senza nessun posticipo: dal 15 maggio ogni radio dovrà pagare 0,8 centesimi per ogni brano trasmesso ad ogni utente, anche per il già passato 2006. La tariffa poi aumenterà del 30% ogni anno fino a raggiungere i 19 centesimi nel 2010. L’unica concessione fatta ai broadcaster è che per quanto riguarda il 2006 e il 2007 potranno calcolare il quantitativo da pagare basandosi sulle medie orarie di accesso e ascolto, mentre dal 2008 entrerà in vigore il conteggio per l’ascolto di ogni singolo utente.

John Simson, il direttore esecutivo di SoundExchange (società no-profit che raccoglie le royalties pagate dai webcasters per ridistribuirle ai legittimi proprietari), esulta sulle pagine di USAToday: «i nostri artisti e le nostre etichette non vedono l’ora di lavorare con l’industria della radio in rete – piccola, grande, commerciale o non commerciale che sia – per poter costruire insieme dei luoghi dove la grande musica è disponibili a tutti i suoi amanti».

Di diverso parere, come è prevedibile, sono i proprietari dei siti coinvolti, i quali da tempo ripetono che con una simile regolamentazione potrebbe non esserci più nessuno con cui lavorare per SoundExchange. A parlare per tutti è Tim Westergren, fondatore di Pandora, dalle pagine di CNet: «da ex-musicista non sono nuovo alle difficoltà che affrontano i musicisti nel loro lavoro, ma la questione adesso è che il costo dello streaming va ben oltre i possibili guadagni di qualsiasi webcaster».

A questo punto manca solo la registrazione della decisione nel Registro Federale, dopodichè le parti in causa avranno 30 giorni di tempo per presentare richiesta di appello presso la corte federale di Washington.

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