Un corporate blog? Per molti ma non per tutti...

Simone Carletti (Weppos), in questo video spiega bene cosa è un corporate blog. Infatti, il blog aziendale (o corporate blog) è uno dei temi caldi del momento. Se ne parla molto, si guardano esempi più o meno di successo, alcune aziende che già hanno il sito internet si domandano se sia il caso di aprire un corporate blog o no.
In effetti le domande alle quali un’azienda dovrebbe rispondere sono tante..

La prima cosa (sembra scontato dirlo) è guardare gli obiettivi: un blog aziendale può costruire o fidelizzare una brand community (ha lasciato il segno in questo Ducati), a volte anche parlando di altro (come nel caso di Benetton Talk), oppure può occuparsi di alcuni prodotti/servizi di nicchia, magari ascoltando il feedback e i commenti degli utenti (persino sviluppandoli insieme). Un blog può nascere per tanti motivi (penso al blog degli agenti di viaggio italiani, al blog dei dipendenti della Sun, al caso Ediprint e a tanti altri).

In genere, tutta l’immagine dell’azienda ne beneficia, acquistando un volto più umano, sia che si parli di prodotti, oppure che si raccontino episodi interni all’azienda o la storia di un nome (come ad esempio il recente Duck side).

Ovviamente si ha un maggior impatto quando è coinvolta la direzione: un CEO che si mette in discussione, postando su un blog, è visto come un segnale molto forte. Ma molto dipende anche dalla capacità di generare engagement in chi legge.

Al contrario un blog che si limita a essere la versione moderna e se vogliamo un po’ “modaiola” di un moderno ufficio stampa (quindi riproporre i comunicati stampa, senza cercare il dialogo) non provocherà un seguito consistente né reazioni positive.

Alcune multinazionali e grandi aziende sono spaventate dallo strumento, che apre un dialogo diretto con il consumatore, e non si rendono conto che solo per il fatto di fare un passo del genere, ottengono un ritorno in termini di immagine incredibile. Altro aspetto sottovalutato è la parte dei consumatori pronta a scendere in campo e difendere l’azienda in cui si identifica, nel caso venisse attaccata sul proprio blog.

In realtà se viene fatto un buon lavoro a monte, la gestione day by day è molto più semplice di quello che si potrebbe pensare.

Tralasciando una corretta valutazione dei costi (economici e in termini di tempo) e una buona analisi della concorrenza, che darei per scontate in qualsiasi iniziativa di marketing, l’azienda che vuole aprire un blog deve stabilire chiare linee editoriali.

E’ assolutamente obbligatorio avere chiaro, prima di iniziare, quali saranno gli argomenti trattati (più che di cosa si parla è importante definire di cosa NON si parla), quale sarà il tono da usare (va bene essere informali, ma fino a che punto?) la scelta di chi posta (un AD che dialoga è sicuramente un segnale forte, ma può essere insufficiente per avere una regolarità e frequenza di post) e la frequenza, la gestione delle critiche, delle lamentele e di eventuali attacchi (i commenti moderati? prima o dopo? censurati?). Alcuni hanno optato per lasciare libertà di espressione, ma non obbligo di risposta.
Persino dietro la scelta di una firma o di un nick possono celarsi problematiche a non finire.

Una volta stabiliti questi punti la gestione non è così complicata. Detto questo, non è un obbligo aprire un corporate blog. Il blog è uno strumento potente, che può portare tanto clamore, risposte, imput ma implica impegno, costanza (non si puo’ abbandonare dopo un paio di mesi) e aggiungerei onestà.

E’ meglio farlo se e solo dopo aver chiarito cosa si vuole ottenere tramite di esso.

A proposito di blog ben gestiti e dialogo con gli utenti: date un’occhiata in questi giorni a Desmoblog, suggerisco la lettura dei commenti dei lettori del blog, ma anche dei dipendenti, dopo la notizia dell’addio dell’AD nonché autore del blog Federico Minoli (interessante che abbia dato la notizia sul blog, tramite un video su Youtube).

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