Lo strano paradosso dei controlli sul P2P

Gira un paper in rete redatto da ricercatori nell’ambito del Peer To Peer (a seguito di una ricerca ovviamente) secondo il quale l’utente medio, e quindi naive, dei servizi P2P (qualunque essi siano) se non usa le cosìddette blocklist, liste che inibiscono la connessione a certi indirizzi IP, hanno il 100% delle probabilità di essere tracciati e quindi denunciati.

Enunciata così la cosa fa impressione, ma in realtà il principio è semplice:
a) le agenzie come RIAA e MPAA per beccare pirati con le mani nel sacco utilizzano i “fake”, cioè file esca inseriti nei circuiti P2P al pari degli altri che quando sono scaricati tracciano l’IP dello scaricatore e agevolano la denuncia
b) gli utenti medi non controllano gli indirizzi IP di provenienza dei file che scaricano illegalmente.
Da questo ne consegue che matematicamente in caso di una simile azione massiccia chi non usa blocklist sarebbe preso con le mani nel sacco.

Eppure questo non accade. Eppure tutti questi controlli non ci sono. Ogni tanto escono fuori delle notizie di questo tipo ma in linea di massima tutto continua ad essere tranquillo…

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