Firefox, Google e conflitto di interessi

All'uscita del nuovo aggiornamento di Firefox, la versione 2.0.0.9 (con alcuni bugfix minori), spuntano fuori alcune polemiche su quanto il browser di Mozilla sia legato a Google e come questo possa influenzarne la sicurezza
All'uscita del nuovo aggiornamento di Firefox, la versione 2.0.0.9 (con alcuni bugfix minori), spuntano fuori alcune polemiche su quanto il browser di Mozilla sia legato a Google e come questo possa influenzarne la sicurezza

È pronto il nuovo aggiornamento di Firefox, la versione 2.0.0.9, e assieme ad essa giungono nuove polemiche sui legami tra il browser emergente, numero 2 del mercato e alternativa al monopolio, e il motore di ricerca numero 1 della rete, nonché la compagnia più potente di internet: Google.

Innanzitutto l’ultimo update del browser open source prevede principalmente la correzione di 5 bug. Si tratta di problemi relativi alla gestione dei CSS, al caricamento delle applet Java nelle versioni Windows Vista, di estensioni disattivate, gestione delle mappe e infine è stato risolto un problema che mandava in crash il browser in fase di avvio su alcune macchine con Windows.

Ma ben più importanti sono state le polemiche che hanno cominciato a girare in rete, tutte partite da un articolo comparso su Cnet, sul quale viene illustrata la tesi secondo cui la collaborazione tra Firefox e Google può portare ad un conflitto di interessi. Il primo motore di ricerca al mondo collabora infatti allo sviluppo del browser (ma è cosa nota, anche perchè Firefox è open source e chiunque può collaborare) e la principale fonte di guadagno di Mozilla è la percentuale che Google versa ogni volta che qualcuno compie una ricerca usando il box in alto a destra del browser (appositamente programmato con Google come motore default).

Il punto è nel fatto che Google contribuisce molto all’economia di Firefox: solo nel 2006 da Mountain View sono arrivati 56 milioni di dollari, che con tutta probabilità vuole e ottiene favori in cambio, come la correzione automatica di problemi che riguardano i suoi servizi, o l’integrazione di estensioni per i suoi siti, insomma facilitazioni che sono anche servizi che spesso vanno incontro ai desideri dell’utenza (che comunque dà segno di utilizzare molto le funzioni di Google).

Il nocciolo dell’accusa è nel fatto che Google contribuisce al filtro antiphishing di Firefox. E la domanda che gira con insistenza è: cosa fa la grande G quando uno dei suoi siti ha un noto problema che può essere sfruttato da hacker per attacchi malevoli di cui non si interessa? Il sito in questione entrerà nella blacklist di Firefox? La questione, per quanto teorica, è messa sulla bilancia insieme ai milioni di dollari a cui ammonta il valore del rapporto tra le parti.

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