Internet è soprattutto cinese

Tra censura, indecisione, norme fatte rispettare ed altre trascurate, business copiati ed imprese innovative, blog e carceri piene, la Cina è diventata la nazione con più utenti connessi alla rete. Una tendenza che nel tempo può solo aumentare
Tra censura, indecisione, norme fatte rispettare ed altre trascurate, business copiati ed imprese innovative, blog e carceri piene, la Cina è diventata la nazione con più utenti connessi alla rete. Una tendenza che nel tempo può solo aumentare

Internet è a maggioranza cinese: i dati non sono forse accuratissimi, ma con una buona approssimazione lo si può comunque stabilire. D’ora in poi e sempre di più dunque (salvo clamorose inversioni di tendenza) la rete sarà prevalentemente utilizzata dalla popolazione cinese.

Si è arrivati a stabilirlo in virtù di alcuni dati rilasciati dalla pechinese BDA e basati sulle informazioni fornite dal China Internet Network Information Center, le quali parlavano di una popolazione cinese in rete pari a oltre 210 milioni di unità. Dall’altro lato dell’oceano invece gli statunitensi (i campioni fino a quel punto) erano stimati da Nielsen/NetRatings come pari a 216 milioni. Tutto ciò era vero a fine 2007. Adesso contando il tasso di crescita delle nuove connessioni in Cina (circa 6,1 milioni al mese) è facile stabilire che siano gli abitanti della Repubblica Democratica Popolare della Cina siano di più degli abitanti degli Stati Uniti d’America.

Un simile cambiamento sta già avendo e sempre di più avrà un impatto su internet, specialmente calcolando la diversità della cultura che è ora egemone nei numeri. Diversità che sono sia formali che contenutistiche, nel senso che al di là di una diversa visione del mondo esiste anche un diverso approccio alla rete da parte di chi fornisce le potenzialità di connessione in Cina, cioè il governo.

Il rigido sistema di censura in realtà è più complesso di come solitamente viene dipinto. Se è vero che molti sono i rischi che corre chi voglia cercare di fare libera informazione o voglia divulgare racconti o storie sul regime e molti sono gli esempi di ribelli finiti male è anche vero che i blog sono diffusissimi nel paese (47 milioni, cioè uno ogni quattro utenti connessi ed è cinese il blog più letto del pianeta con 100 milioni di contatti in 600 giorni) e il Governo ne è lieto. Una forma d’espressione libera solo a parole può infatti essere un ottimo strumento di controllo delle folle, utile a capire cosa la gente pensi, come si comporta e cosa preferisca.

È proprio nel doppio approccio ai blog (strumento principe della pubblica espressione personale in rete) che si capisce tutta la complessità delle regole e del controllo cinese. Il governo infatti non è mai stato chiaro e probabilmente mai lo sarà in materia di censura. Ci sono determinati argomenti ovviamente fuori portata, ma molti altri più incerti non sono chiariti; nessuno sa fino a dove è lecito spingersi, si sa solo ciò che di sicuro non si può fare. Ed è con l’incertezza che il Governo mantiene il maggiore controllo possibile, anche perchè regole flessibili sono più facilmente plasmabili al volere di chi le controlla.

Ma oltre ai blog e alla censura c’è in ballo anche l’importante lato economico. Al momento le imprese di maggior successo dell’internet cinese sono copie delle net company statunitensi più importanti, ne imitano modello di business e contenuti adattandoli alla propria cultura (vincendo così il confronto). Baidu è un Google cinese e Alibaba un eBay mandarino. Ma esiste anche un’altra generazione di imprese cinesi autoctone, più innovative ed originali, capaci di intercettare esigenze al momento forti in Cina e possibilmente latenti anche nel resto del mondo.

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