Microsoft rinuncia a Yahoo

Dopo mesi di rilanci, indiscrezioni e un serrato confronto tra le parti, Microsoft ha deciso di ritirare la propria offerta d'acquisto per Yahoo. Il mancato accordo potrebbe rallentare il recupero di Redmond nei confronti di Google
Dopo mesi di rilanci, indiscrezioni e un serrato confronto tra le parti, Microsoft ha deciso di ritirare la propria offerta d'acquisto per Yahoo. Il mancato accordo potrebbe rallentare il recupero di Redmond nei confronti di Google

Subisce una nuova pesante battuta d’arresto la vicenda finanziaria più discussa e chiacchierata degli ultimi tempi. Con una decisione che ha sorpreso numerosi analisti economici, il colosso dell’informatica Microsoft ha deciso di ritirare la sua offerta d’acquisto per Yahoo. Dopo mesi di rumors, indiscrezioni e smentite, sembra dunque tramontare l’ipotesi di un accordo in tempi brevi tra le parti per quella che si profilava come la più importante acquisizione nel panorama dell’informatica degli ultimi anni.

Con una lettera al CEO di Yahoo, Jerry Yang, l’amministratore delegato di Microsoft, Steve Ballmer, ha motivato le ragioni che hanno portato la sua società a ritirare l’offerta di oltre 47 miliardi di dollari per rilevare la compagnia proprietaria del motore di ricerca. Scrive Ballmer: «Continuiamo a pensare che la nostra proposta di acquisizione fosse sensata per Microsoft, Yahoo e il mercato nel suo insieme. Il nostro obiettivo di trovare un accordo con Yahoo era mirato a fornire una più grande possibilità di scelta e innovazione nel mercato e creare qualcosa di valore per i nostri rispettivi azionisti e dipendenti».

Precisati gli obiettivi su cui Redmond aveva basato la propria azione d’acquisto, l’amministratore delegato di Microsoft ricorda come, nonostante un aumento dell’offerta di cinque miliardi di dollari, Yahoo non abbia compiuto alcun passo in avanti per facilitare la possibile transazione. Prosegue il CEO del colosso dell’informatica: «Dopo una attenta analisi, pensiamo che le richieste economiche avanzate da Yahoo non abbiano alcun senso per noi, ed è quindi nel migliore interesse degli azionisti di Microsoft, dei dipendenti e degli altri possessori di azioni ritirare la nostra proposta».

Con un gioco al rialzo pressoché costante, negli ultimi giorni Yahoo aveva ventilato la possibilità di un accordo per 37 dollari ad azione, pari a circa 53 miliardi di dollari, sei miliardi in più della cifra offerta da Microsoft. La società di Redmond si era dimostrata disponibile ad aumentare la propria offerta dai 31 dollari per azione proposti in febbraio agli attuali 33, escludendo la possibilità di ulteriori rialzi.

Conclude amaramente Ballmer: «Continuo a pensare ancora oggi che la nostra offerta sia l’unica alternativa in grado di offrire ai vostri azionisti il giusto e corretto valore per le loro azioni. Rinunciando a raggiungere un accordo con noi, voi e i vostri azionisti avete lasciato sul tavolo una enorme opportunità. Ma naturalmente un accordo non è obbligatorio». Microsoft sembra dunque determinata a rinunciare anche alle ventilate ipotesi di una offerta ostile per l’acquisizione di Yahoo. Un’iniziativa di questo genere potrebbe costringere la società di Sunnyvale a compiere azioni finanziare molto pesanti per contrastare Redmond, deprezzando considerevolmente il proprio valore. Ciò danneggerebbe entrambe le società a tal punto da rendere meno vantaggiosa del previsto l’acquisizione di Yahoo da parte di Microsoft.

Secondo alcuni analisti, la decisione di Ballmer di abbandonare le trattative e ritirare l’offerta potrebbe riflettersi in un periodo estremamente negativo per Yahoo sui mercati azionari (la certezza è in un immediato tracollo del valore delle azioni al prezzo “effettivo” precedente al 1 febbraio con l’aggravante delle scorie accumulate nel frattempo). Il mancato accordo potrebbe, inoltre, rallentare considerevolmente l’auspicato recupero di Microsoft nei confronti di Google, specialmente nel settore dell’advertising online. Oltre ai motivi finanziari, Microsoft avrebbe rinunciato all’accordo anche per le difficoltà nel presentare un piano credibile, in grado di convincere le autorità antitrust sulla bontà dell’accordo per il libero mercato negli Stati Uniti. Mentre è per il momento difficile prospettare nuovi possibili futuri scenari per l’affaire Microhoo, il presente sembra lasciare sul terreno due vinti e nessun vincitore.

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