Microhoo, tutta colpa di un brevetto

Dietro al tentativo di Microsoft di acquisire Yahoo risiederebbe la presenza di un importante brevetto per l'advertising sulle pagine dei motori di ricerca. Il brevetto consentirebbe a Microsoft di mettere in scacco Google e rilanciare la sua concorrenza
Dietro al tentativo di Microsoft di acquisire Yahoo risiederebbe la presenza di un importante brevetto per l'advertising sulle pagine dei motori di ricerca. Il brevetto consentirebbe a Microsoft di mettere in scacco Google e rilanciare la sua concorrenza

Il lento, ma ormai costante, corteggiamento da parte di Microsoft nei confronti di Yahoo continua ormai da mesi nonostante i reciproci rifiuti e le riserve accampate dalle due società, impegnate a tutelare prima di tutto i loro rispettivi interessi. Nonostante una acquisizione di Yahoo da parte di Microsoft sia considerata da molti analisti un’operazione finanziaria praticabile, e con non pochi vantaggi, permangono numerosi dubbi sull’effettiva utilità di un accordo in tal senso, che porterebbe Redmond nella condizione di gestire la difficile integrazione e il rilancio di una società in affanno in numerosi comparti legati alla ricerche e all’advertising.

A gettare luce su uno dei possibili motivi meno evidenti subordinati all’affaire Microhoo ci ha pensato in questi giorni Usman Latif, redattore di TechUser, con una dettagliata inchiesta a tratti sorprendente. Secondo il giornalista statunitense, infatti, alla base del grande interesse di Microsoft nei confronti di Yahoo risiederebbe la necessità di entrare in possesso di un prezioso brevetto legato all’advertising nelle pagine di ricerca. Tutto risale all’ormai lontano 2001, anno in cui la società Overture depositò presso l’Ufficio brevetti degli Stati Uniti il sistema per l’attribuzione e la gestione degli annunci pubblicitari legati ai risultati forniti dai motori di ricerca. Il brevetto 6,269,361, noto come ‘361, costituiva una soluzione molto importante e destinata ad essere utilizzata dai principali fornitori di ricerche online.

Ottenuta la registrazione, Overture attivò immediatamente il suo ufficio legale per mettere all’angolo la concorrenza e far rispettare i termini posti dal suo brevetto dai motori di ricerca che utilizzavano sistemi di paid search. Inizialmente sia Microsoft che Yahoo decisero di pagare i diritti a Overture, mentre invece Google preferì seguire le vie legali, contestando il brevetto ottenuto dalla società. Secondo Mountain View, infatti, Overture aveva mentito alle autorità statunitensi proponendo la registrazione della propria idea oltre i termini consentiti dalla legge. Tale strategia consentì a Google di prendere tempo, evitando i pesanti costi di licenza (circa il 38% dei guadagni ottenuti con l’advertising per le ricerche) per l’utilizzo del sistema paid search imposto da Overture.

Sfruttando un errore di valutazione da parte di Microsoft, che non si dimostrò mai realmente interessata all’acquisto della società, nel 2003 Yahoo riuscì ad acquistare completamente Overture investendo la notevole cifra di 1,63 miliardi di dollari. La spesa valeva lo sforzo economico: Overture era in piena crescita e la sua acquisizione avrebbe posto fine ai pesanti costi di licenza per l’utilizzo del paid search. Il coltello passò così nella mani di Sunnyvale, che proseguì la politica avviata da Overture sulle licenze per l’utilizzo del paid search.

Messa praticamente all’angolo dalla mossa di Yahoo, Microsoft si rassegnò a pagare le costose licenze per l’advertising nelle pagine di ricerca, covando la speranza che la causa ancora aperta tra Overture e Google potesse sbloccare nel breve periodo la situazione. Mountain View preferì invece una strada maggiormente accomodante, rinunciando alla causa e cercando un accordo con Yahoo per risolvere la questione. 300 milioni di dollari furono sufficienti per ottenere il diritto a utilizzare il paid search senza ulteriori costi aggiuntivi, ma buona parte dell’accordo rimase segreto per non creare appigli utili a Microsoft per ottenere una revisione del suo contratto.

Nel corso degli anni successivi, i termini del patto tra Google e Yahoo per il paid search non furono mai svelati. Emerse, tuttavia, un dato molto importante: l’accordo tra le due società era, ed è, completamente rinegoziabile; una eventualità che da tempo collocherebbe Google in una posizione particolarmente scomoda e, inaspettatamente, assoggettata alle istanze di Yahoo nel fecondo mercato dell’advertising per le ricerche. Una vera e propria spada di Damocle che potrebbe far comodo all’eterna rivale Microsoft, da tempo impegnata nella ricerca di nuove soluzioni per risollevare il suo settore delle ricerche online e dell’advertising.

Secondo Latif, il brevetto ‘361 costituirebbe dunque uno dei principali motivi per cui Microsoft da mesi cercherebbe una via per acquisire alcuni dei principali asset strategici di Yahoo. Ottenere quel brevetto significherebbe non solo cancellare i costi per le licenze dovute per il paid search, ma anche mettere Google in una condizione molto difficile, che potrebbe portare a una revisione del famoso e misterioso accordo da 300 milioni di dollari. La vendita del comparto legato all’advertising non gioverebbe dunque a Yahoo che, come dimostrano i recenti accordi con Google, potrebbe puntare su Mountain View per strappare un nuovo patto in grado di allontanare lo spettro di Microsoft.

Le ipotesi formulate da Latif dimostrano come, oltre la superficie dei già complessi meccanismi legati alle transazioni finanziarie, esista un profondo intreccio nella struttura intima delle società coinvolte nell’affaire Microhoo. Ambiti generalmente meno praticati dalle cronache di questi ultimi mesi, ma ugualmente importanti per avere una visione il più completa possibile sulla travagliata acquisizione.

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