Bopaboo, il market degli mp3 di seconda mano

Nasce per il primo sito che consente agli utenti di rivendere i propri file mp3 privi di DRM. Ancora non è nota la posizione delle major in materia. Il problema è che una volta uploadato il file da vendere al venditore ne rimane comunque una copia
Nasce per il primo sito che consente agli utenti di rivendere i propri file mp3 privi di DRM. Ancora non è nota la posizione delle major in materia. Il problema è che una volta uploadato il file da vendere al venditore ne rimane comunque una copia

La proprietà e con essa il diritto alla vendita di seconda mano senza l’autorizzazione del proprietario dei diritti sui contenuti si può applicare al mondo digitale? Una risposta tenta di darla Bopaboo, sito che offre a tutti la possibilità di mettere online i propri mp3 e rivenderli.

Da sempre le persone esercitano il diritto a rivendere la propria musica, sia che accada con dischi in vinile che con CD che con cassette, ma l’era della musica su file porta nuovi problemi. Così, dato che Bopaboo già consente di crearsi un proprio negozio online nel quale caricare i file da vendere (rigorosamente senza DRM), sembra difficile che le major non insorgano tentando di far chiudere immediatamente i battenti all’attività.

Se dunque da Bopaboo si sostiene di aver approntato rimedi sicuri contro l’eventualità che un utente rivenda più volte lo stesso file, non c’è rimedio al fatto che un bene digitale non sia unico ma sempre riproducibile e dunque, dopo aver uploadato il file da vendere, il venditore ne conservi sempre e comunque una copia sul proprio disco rigido. In sostanza si vende un bene che si continua però a possedere.

Il fondatore del sito, Alex Meshkin, sostiene di essere pronto ad incontrare le grandi etichette e che per quanto ne sa fino ad ora «i primi contatti sono stati positivi». Peccato che dalla RIAA la si pensi diversamente: «Non c’è stato ancora nessun contatto. Ci hanno chiesto un incontro e abbiamo accettato. Questo è tutto».

In materia si è recentemente espresso anche Fred von Lohmann, avvocato della Electronic Frontier Foundation, grande esperto di diritto online. Von Lohman ha confermato che l’argomento non è stato ancora mai dibattuto in aula e che Bopaboo punta i riflettori su un tema molto importante per il futuro della musica digitale, ma sostiene anche che così com’è il servizio è illegale.

«Non dobbiamo perdere il nostro diritto a rivendere un bene solo perchè la transazione si svolge online» dice l’avvocato «più passa il tempo più la gente sarà incline a spendere soldi per la musica online e a quel punto poterla rivendere potrebbe fare la differenza». Ad ora però un utente potrebbe comprare una traccia libera da DRM da uno store online e rivenderla immediatamente senza perdere il file acquistato.

Nulla, al momento, è dato a sapersi circa il “Founding Management Team” che sta dietro al progetto: il blog del servizio spiega, con data al 21 aprile scorso, che entro pochi mesi i nomi sarebbero stati svelati. Per provare il servizio, inoltre, occorre essere iscritti ad una beta privata il cui accesso può essere richiesto direttamente dalla homepage odierna, ma il cui accesso è esclusivamente limitato agli utenti residenti negli Stati Uniti d’America.

Bopaboo

In verità la cosa la si può guardare anche da un altro punto di vista: Bopaboo è un modo di mettere in condivisione la propria musica con gli altri pagando per ogni download dei soldi che possono servire a ripagare i diritti ai legittimi titolari. Un servizio simile potrebbe portare online musica introvabile in altri lidi, così come già accade per il P2P. Vedendo così la cosa, il problema della doppia copia non esisterebbe: sarebbe un sistema che condivide, non che vende, e dal quale si trae un profitto utile anche a pagare i regolari diritti.

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