Beppe Grillo, le Liste Civiche e la Rete

Beppe Grillo ha presentato nel weekend la Carta di Firenze, un piano programmatico da condividere con le proprie Liste Civiche. Dal documento trapela una forte fiducia nella rete tanto come diritto universale, quanto come filosofia d'approccio ai problemi
Beppe Grillo ha presentato nel weekend la Carta di Firenze, un piano programmatico da condividere con le proprie Liste Civiche. Dal documento trapela una forte fiducia nella rete tanto come diritto universale, quanto come filosofia d'approccio ai problemi

Durante l’ultimo weekend Firenze è stato teatro del primo meeting nazionale delle Liste Civiche di Beppe Grillo. Considerazioni politiche a parte, l’evento ha voluto far incontrare i vari meetup diffusi sul territorio nazionale al fine di organizzare una strategia di intervento comune in fase di presentazione delle liste. Dall’evento è scaturita la cosiddetta “Carta di Firenze“, secondo la quale «I Comuni decidono della vita quotidiana di ognuno di noi. Possono avvelenarci con un inceneritore o avviare la raccolta differenziata. Fare parchi per i bambini o porti per gli speculatori. Costurire parcheggi o asili. Privatizzare l’acqua o mantenerla sotto il loro controllo. Dai Comuni a Cinque Stelle si deve ripartire a fare politica per le liste civiche per Acqua, Ambiente, Trasporti, Sviluppo e Energia.

Un argomento, trasversale, ha attraversato ogni discussione, trasformandosi da aspetto tecnico a filosofia di fondo: la rete. A partire dal Web, passando per elementi quali Creative Commons e libertà, la “rete” è un concetto visto sotto molti aspetti come elemento fondante del futuro, come approccio nuovo ai problemi, come spunto innovativo per cercare soluzioni valide. La Rete è l’ambiente su cui sono nati i meetup, ed è lo stesso ambiente da cui i meetup potrebbero trarre risorse per portare avanti idee nuove nei rispettivi comuni attraverso le Liste Civiche.

La Carta di Firenze si sviluppa su 12 differenti punti, uno dei quali inerente direttamente il mondo del Web e della connettività:

«7 – Connettività gratuita per i residenti nel comune»

Di esperimenti similari ne sono stati già portati avanti in un certo numero. Negli Stati Uniti città come Mountain View o San Francisco hanno visto aprire e chiudere reti che nel tempo non son riuscite a reggere l’onda d’urto degli utenti al cospetto di una insostenibilità economica che si è fatta sempre più evidente. Con il tempo, però, l’idea è stata forgiata ed oggi tale possibilità torna a riproporsi. Ne abbiamo parlato con Maurizio Gotta, colui il quale ha portato sul palco di Grillo le motivazioni a supporto del punto 7 della Carta di Firenze.

Cosa dovrebbe fare un sindaco per favorire la connettività nel proprio comune?
«I sindaci dei comuni già raggiunti dalle connessioni a banda larga dovrebbero sfruttare l’opportunità di creare delle reti civiche che servano per dare accesso a Internet ai residenti, ai turisti, ma anche per veicolare contenuto e servizi della pubblica amministrazione, dalle informazioni di servizio (orario di apertura delle farmacie, delle banche, degli uffici comunali, ecc) a quelle fiscali e amministrative, fino ad arrivare alla possibile gratuità delle comunicazioni voip tra abitanti dello stesso comune, o serviti dalla stessa rete. I sindaci dei comuni non raggiunti dalla banda larga possono rivolgersi ai numerosi operatori wireless presenti sul territorio nazionale per progettare la copertura dei pubblici uffici e l’accesso per i propri cittadini, anche in assenza di connessioni in fibra ottica o in ADSL».

Internet pubblico gratuito: perché?
«Intendiamoci, la vera gratuità non può esistere, perché i costi infrastrutturali (anche se abbastanza ridotti), i costi della connettività vera e propria e della manutenzione devono pur essere coperti. Sarebbe bello che i comuni capissero la necessità di fornire il servizio della rete civica ai residenti e agli ospiti a titolo gratuito, progettando e installando reti aperte a più operatori, magari finanziando una parte dei costi tramite una pubblicità di tipo geolocalizzato, presente sulle pagine usate dagli utenti per autenticarsi e accedere a Internet».

Internet pubblico gratuito: è un modello sostenibile?
«Lo è se rientra nei parametri citati prima, ovvero se si reperiscono forme di finanziamento sostenibili, dalla pubblicità ai fondi europei per lo sviluppo delle infrastrutture, tanto per citare qualche esempio. Una rete civica ben progettata e ben gestita ha dei costi sostenibili da qualsiasi comune. Inoltre l’accesso a Internet vero e proprio, quindi ai contenuti al di fuori della rete civica, potrebbe anche essere soggetto a una tariffa, magari di favore. Certo è meglio che la gestione fisica dell’infrastruttura sia affidata ad aziende di provata esperienza in quanto i comuni ben difficilmente possiedono internamente le competenze necessarie».

L’esempio di Torino potrebbe essere un modello vincente?
«Si, anche se si tratta di un comune molto popoloso e molto esteso, però l’approccio utilizzato è ottimo, per quanto visto fino ad oggi, perché i contenuti della rete civica sono accessibili a tutti gratuitamente. Speriamo che la rete torinese si estenda e che altri comuni seguano l’esempio di Torino».

Qual’è il fattore che ostacola maggiormente la diffusione di Internet in Italia?
«Molto probabilmente si tratta di una combinazione di più fattori, però secondo me il peso più grosso oggi è attribuibile alla scarsa conoscenza delle opportunità legate alla Rete in ambito lavorativo e amministrativo, e alla difficoltà di comprensione da parte del cittadino comune di quanto sia strategica la comunicazione. Esemplari in questo senso, sono i dati dell’Unesco sull’analfabetismo di ritorno. Se molti dei nostri connazionali sono in difficoltà per leggere un semplice testo di due righe, come possiamo pretendere che si diffonda la cultura della Rete?».

Ma il concetto di “rete” non si ferma alla sola connettività. La “rete”, infatti, viene vissuta come ideale stesso di organizzazione dei sistemi, come fondamento rivoluzionario per soverchiare vecchie situazioni e creare nuove soluzioni.

L’idea, ad esempio, si estende alla comunicazione viaria: automobili e mezzi pubblici vanno organizzati in un sistema unico, ove le rilevazioni GPS e gli utenti siano dati organizzabili da un algoritmo che gestisce la circolazione dei mezzi e la concentrazione degli stessi in base alle necessità espresse dagli eventi e dal territorio. La rete, inoltre, è alla base del telelavoro, rendendo così gli spostamenti più agili e le condizioni di lavoro (nonché la redditività) migliori. Ancora, la rete è alla base dell’efficienza energetica. Beppe Grillo ha riassunto con una massima il pensiero del proprio team: «è meglio avere una centrale da 1 milione di Watt, oppure 1 milione di cittadini che creano 1 Watt a testa?».

Quest’ultimo concetto non è peraltro nuovo: tanto Microsoft quanto Google hanno già portato avanti negli Stati Uniti progetti energetici basati sul una rete distribuita, ove l’energia arriva dal basso e viene condivisa (concetto contrario a quello di una produzione dall’alto con la rete usata come strumento “a stella” per una distribuzione asimmetrica).

La connettività è l’estremo baluardo. «Chi controlla le informazioni controlla il paese»: Grillo ha così consegnato idealmente negli utenti il potere di controllare il proprio futuro purché riescano a creare una intelligenza connettiva che basa sul Web il proprio modo di comunicare (ne consegue la considerazione della connettività come di un bene che merita il riconoscimento quale diritto universale). Le Liste Civiche porteranno avanti lo stesso concetto, a patto di riuscire a raccogliere nell’elettorato un numero sufficiente di voti per poter comparire nei consigli comunali e sfidare l’abitudinarietà con questa nuova filosofia.

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