580-bis, reato di istigazione all'anoressia

Una proposta di legge tenta di introdurre nella legislazione italiana il concetto di "istigazione al ricorso a pratiche alimentari idonee a provocare l'anoressia o la bulimia". La norma prende però di mira la Rete tralasciando gli altri media
Una proposta di legge tenta di introdurre nella legislazione italiana il concetto di "istigazione al ricorso a pratiche alimentari idonee a provocare l'anoressia o la bulimia". La norma prende però di mira la Rete tralasciando gli altri media

«Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge ha l’obiettivo di combattere l’istigazione a comportamenti anoressici o bulimici, sempre più diffusa nel nostro Paese. Riteniamo, infatti, necessario esprimerci in merito a una malattia che riteniamo “sociale”, che colpisce in modo subdolo e drammatico migliaia di giovanissimi, per lo più ragazze, fin dall’età puberale, e che mostra una continua evoluzione nelle modalità e nella tipologia di diffusione». È questa l’introduzione all’articolo 580-bis del codice penale, una proposta di legge firmata dai deputati Lorenzin, Contento, Costa, e De Nichilo Rizzoli.

La proposta risale allo scorso Novembre, ma solo nei giorni scorsi il testo è stato assegnato alla Commissione Giustizia per l’inizio dell’iter parlamentare verso l’approvazione. L’obiettivo esplicito che la proposta di legge si pone è quello di individuare un nuovo reato: «istigazione al ricorso a pratiche alimentari idonee a provocare l’anoressia o la bulimia», in tutto al fine di permettere alla Forze di Polizia di «agire in modo tempestivo e di mettere in atto una serie di misure di contrasto all’incitamento a comportamenti alimentari che possono minacciare gravemente la salute fino a compromettere in modo irreversibile l’integrità psico-fisica delle persone colpite».

Continua il testo: «Sotto accusa sono gli oltre 300.000 siti che in Italia danno consigli pratici per il perseguimento ossessivo e compulsivo della perdita di peso, ricorrendo a pratiche di restrizione alimentare prolungata, tali da provocare l’anoressia o la bulimia nervosa». Fermo restando la ovvia condivisibilità degli intenti manifestati, scendere nello specifico è cosa necessaria per evitare che la bontà della proposta possa tramutarsi in superficialità di intervento. Per questo motivo, la prima cosa da obiettare è sul numero dei siti “pro-ana”, che è facilmente ed intuitivamente ricollegabile ad una semplicistica ricerca su Google:

Quindi una ulteriore considerazione opinabile: «la presente proposta di legge non affronta l’anoressia dal punto di vista medico, ma cerca di contrastare il diffondersi di questa «malattia sociale» sul campo dei new-media, in cui oggi essa prende una nuova forma e viene propagandata come stile di vita e modello esistenziale». L’obiettivo verso i new-media, dunque, sembra scartare a priori tutto quello che invece potrebbe essere, con riscontri ancor più pericolosi per la natura stessa del canale, la promozione all’anoressia/bulimia tramite televisioni, riviste o altri diffusissimi strumenti quotidianamente sotto gli occhi dei più giovani. Strumenti che, per loro natura, vengono peraltro spesso subiti, mentre il web è interattivo e inerente al problema presumibilmente solo in una fase successiva: quando il problema è già manifesto e chi ne soffre cerca consigli o informazioni online.

Due ulteriori note sembrano particolarmente interessanti alla luce del fervente dibattito in corso relativamente alla legge proposta da Gabriella Carlucci nei giorni passati. Innanzitutto v’è una sorta di qui pro quo parlamentare: «Attualmente la Polizia di Stato, tramite il Servizio centrale della polizia postale e delle comunicazioni, può effettuare monitoraggi ma non ha lo strumento giuridico per oscurare i siti Pro Ana e Pro Mia così come avviene invece per i siti dedicati alla pedofilia e alla pedopornografia». Se è vero che la Polizia di Stato ha gli strumenti necessari, allora l’introduzione alla 580-bis smentisce nei fatti gli intenti perseguiti dalla proposta Carlucci, e su questo tema le parti dovrebbero trovare ora una posizione comune: delle due, una. In riferimento alle polemiche recenti, inoltre, la proposta Lorenzin mette le mani avanti: «Lungi dal voler reprimere la libertà di espressione così come garantita dalla nostra Carta costituzionale, fine della presente proposta di legge è di ostacolare quelle condotte costituenti casi limite che sfociano nella violazione di altri diritti della persona costituzionalmente tutelati». A scanso di equivoci, insomma.

Il testo della proposta di legge si riduce a due soli brevi paragrafi aggiuntivi rispetto all’articolo 580 del codice penale:

  • Art.1
    «Chiunque, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, determina o rafforza l’altrui proposito di ricorrere a pratiche di restrizione alimentare prolungata idonee a procurare l’anoressia o la bulimia o ne agevola l’esecuzione, è punito con la reclusione fino ad un anno. Se il reato di cui al primo comma è commesso nei confronti di una persona minore degli anni quattordici o di una persona priva della capacità di intendere e di volere, si applica la pena della reclusione fino a due anni».
  • Art.2
    «Al fine di contrastare la diffusione tra i minori di messaggi divulgati tramite la rete telematica, suscettibili di rappresentare, per il loro contenuto, un concreto pericolo di istigazione al ricorso a pratiche di restrizione alimentare prolungata idonee a provocare e a diffondere l’anoressia o la bulimia, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentite le associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale dei fornitori di connettività alla rete internet, sono stabiliti i criteri e le modalità per impedire l’accesso ai siti che diffondono tali messaggi».

La bozza non approfondisce ulteriormente quest’ultima indicazione, mentre è proprio nei “criteri” e nelle “modalità” che si nasconde la bontà o la debolezza di simile norma.

La proposta è stata assegnata alla Commissione Giustizia, ove verrà ricevuta da uno dei proponenti il testo medesimo: l’on. Enrico Costa. In commissione si possono notare altresì nomi come quelli degli onorevoli Di Pietro e Cassinelli, entrambi dimostratisi sensibili ai problemi della rete in più di una occasione. Nel frattempo ha già fatto pervenire la propria posizione anche l’Adiconsum, secondo cui il filtraggio non è una soluzione: «Pensare di filtrare i contenuti dei siti che operano nel nostro paese è una pia illusione e rischia tra l’altro di non raggiungere l’obiettivo di una reale persecuzione dei responsabili dei reati. I veri criminali, infatti, sono in grado di eludere facilmente i vari filtri. In merito, quindi, alla proposta 1965 Lorenzin-Costa […] Adiconsum chiede di potenziare i due strumenti istituzionali già all’uopo preposti: Polizia Postale e Nucleo speciale frodi telematiche (GAT) della Guardia di Finanza. Adiconsum, in particolare, ha già potuto toccare con mano l’efficacia del Nucleo della Guardia di Finanza che a seguito di nostra segnalazione e denuncia alla Magistratura ha provveduto in soli 15 gg. al sequestro e alla chiusura dei siti da noi segnalati».

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