Sony Ericsson, i nodi vengono al pettine

Le previsioni di bilancio relative alla trimestrale di cassa Sony Ericsson indicano un momento particolarmente difficile per il gruppo: in calo le unità vendute, in aumento il passivo, e c'è già chi ipotizza uno scioglimento della joint venture
Le previsioni di bilancio relative alla trimestrale di cassa Sony Ericsson indicano un momento particolarmente difficile per il gruppo: in calo le unità vendute, in aumento il passivo, e c'è già chi ipotizza uno scioglimento della joint venture

La joint venture Sony Ericsson è nata nel 2001 nella convinzione di poter far leva sulla forza dei due brand per sfondare nel mondo della telefonia mobile. Ad inizio millennio il mobile era una promessa di grandi prospettive, probabilmente non ben definita per come si sarebbe sviluppata in seguito. Dopo pochi anni il progetto ha iniziato a prendere quota ed il gruppo ha imposto il duplice brand come quarto maggior distributore al mondo di telefonini. Con la maturazione del mercato e l’insorgere dei primi venti di crisi, però, la solidità del gruppo ha iniziato a scricchiolare e si è ipotizzato più volte un possibile scioglimento o comunque un passo indietro da parte di una delle due parti. Alle porte del 2009 l’ipotesi sembra essere sempre più concreta ed il tutto emerge direttamente da una sentenza proveniente dal mercato.

L’anno è iniziato in sordina, al di sotto delle già pessimistiche attese partorite dopo il trend difficoltoso di fine 2008. Il bilancio del trimestre potrebbe infatti chiudersi con un passivo netto di 340/390 milioni di euro, con una previsione di vendita pari a 14 milioni di unità (24.2 milioni i dispositivi venduti nel trimestre precedente, trimestre però “drogato” dal periodo natalizio). Il problema, secondo quanto riferito dalle analisi Sony Ericsson, è nel fatto che la crisi ha spinto al ribasso il prezzo medio dei telefonini venduti e la diminuzione delle vendite avrebbe colpito soprattutto la fetta di mercato in cui il gruppo dispone dell’offerta maggiormente concorrenziale. Il calo verso dispositivi di minor prezzo porterebbe il baricentro della domanda maggiormente vicino ai telefonini di bassa fascia, ove Nokia controlla il mercato e dove Sony Ericcson segna il passo.

La comunicazione preventiva non nasconde il momento di difficoltà ed a distanza di pochi minuti già i primi nodi vengono al pettine: Najmi Jarwala, presidente Sony Ericsson USA, cede la propria poltrona per «perseguire altre opportunità professionali». Ma non solo. Un ulteriore lancio Reuters ipotizza la possibilità per cui la Ericcson potrebbe cedere alla Sony la propria metà della joint venture. Il vantaggio potrebbe essere duplice: Ericcson uscirebbe in tempo da una situazione pericolosa, evitando eccessiva volatilità sul proprio titolo ed incassando un buono uscita utile ad altri e differenti investimenti; Sony, da parte sua, potrebbe continuare ad investire in un settore probabilmente importante per le strategie del gruppo pur senza l’onere di un eccessivo esborso per rilevare la quota Ericcson.

In generale il mercato non premia alcuna di queste ipotesi, con Sony poco propensa a nuovi investimenti nel ramo (il gruppo sta vivendo un momento particolarmente difficile) e con Ericcson in difficoltà nel trovare altri possibili acquirenti. Potrebbe uscirne comunque un accordo nel giro di pochi mesi che rimetterebbe Sony in pista in tempo per il prossimo periodo natalizio.

Sony Ericcson si presenta al prossimo trimestre con non poche difficoltà: il portfolio non annovera smartphone, né tantomeno prodotti touchscreen, ed il programma di ristrutturazione è già stato avviato con il licenziamento di 2000 dipendenti. Ericsson da parte sua riafferma di non voler mollare la presa. Le dichiarazioni provenienti da Sony sminuiscono i problemi e confermano medesimo impegno nel perseguimento della mission aziendale della joint venture. Nessuno stupore, inoltre, per le cattive previsioni sul trimestre: Sony avrebbe già anticipato tali previsioni all’interno delle proprie valutazioni trimestrali, interpretando il tutto nel contesto di una forte esposizione dell’offerta proprio dove la crisi sta colpendo con maggior insistenza.

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