Quanto può "valere" un social network?

Riprendendo una discussione nata sul post “Quanto si guadagna con un social network?”, aggiungo alcuni spunti per continuare il confronto su questo tema “particolare” e sempre attuale.

A metà giugno 2008, Michael Arrington pubblicava, su TechCrunch, un post col quale tentava di delineare un metodo per la valutazione del valore di un social network: Arrington proponeva di partire dal valore del singolo utente, distinguendo tra la “ricchezza” dei diversi mercati mondiali; stabiliva quindi di calcolare il valore dell’utente di un dato paese dividendo la media della spesa pubblicitaria online locale per il numero di persone connesse nella stessa nazione.

In questo modo, scomponendo per paese il dato degli utenti dei social network e integrando le varie misurazioni, Arrington arrivava a sostenere che MySpace è senza dubbio il social network a più alto valore (determinante risultava il valore degli utenti negli Stati Uniti). Lo stesso Arrington tuttavia, nello scrivere il post, e in seguito anche coloro che lo hanno commentato, hanno messo in evidenza i limiti di un approccio del genere: non si tiene conto, ad esempio, della differenza tra gli utenti dei network per propensione e potere d’acquisto (LinkedIn è diverso da Facebook) o del numero degli “utenti fantasma” (iscritti ma non attivi su un network): si potrebbe rimediare inserendo nella “formula” generale un parametro per misurare l’attività effettiva per utente.

Detto questo, il problema rimane aperto e importante, ma richiede altre analisi. Ad esempio, nel marzo 2009, in un post su AdAge, Peter Hershberg si confronta con un precedente post nel quale si evidenzia che “verso alcuni siti, Facebook sta generando più traffico di Google”. Questa capacità di Facebook di generare traffico “aumenta” il suo valore e deve far ipotizzare che gli investimenti dedicati al SEM dovrebbero essere dirottati anche ai social network?

Secondo Hershberg, la risposta è “no”. Facebook riesce a superare Google nel dirottare traffico soltanto verso siti con precise caratteristiche, quelli cioè che si prestano alla condivisione di link in una rete di amici (alcuni siti di video o di gossip). Così, Hershberg suggerisce piuttosto di lavorare sulla complementarietà tra SEM e investimenti nei social media: ma ciò richiederebbe che i motori di ricerca indicizzassero in modo più preciso e più frequentemente i contenuti dei social network; così potrebbero generare visite più orientate e precise sulle pagine degli stessi social network.

C’è poi un altro aspetto da non trascurare, emerso con chiarezza in alcune discussioni e proiezioni del maggio 2009: quest’anno i ricavi di chi produce applicazioni destinate a Facebook potrebbero superare i ricavi di Facebook! Sempre su AdAge, un post di Michael Learmonth e Abbey Klaassen (18 maggio, richiede il login) intitolato “App Revenue is Poised to Surpass Facebook Revenue” analizza i motivi del fenomeno e le possibili contromosse di Facebook.

In sostanza, chi riesce a produrre un’applicazione in grado di conquistarsi popolarità su Facebook, attraverso sistemi di gioco a valuta virtuale, sponsorship e altre strategie pubblicitarie può arrivare a guadagnare decine di milioni di dollari (per Zynga, che ha sviluppato applicazioni utilizzare da 41 milioni di utenti Facebook, si prevedono ricavi superiori ai 100 milioni di dollari nel 2009).

Anche questo fa parte del “valore” di un social network. Facebook potrebbe instaurare partnership commerciali con gli sviluppatori o far pagare delle percentuali sulla diffusione delle applicazioni. Chi si occupa di Web marketing dovrà tener d’occhio l’evolvere della situazione, ma è chiaro che interrogarsi sul “valore” di un social network oggi significa anche questo: chiedersi quale “social network”, per la tipologia dei suoi utenti, è in grado di generare maggiore diffusione virale di ads e apps.

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