Dal marketing al "societing": come aggiornare la cassetta degli attrezzi?

Alla seconda edizione nel giro di un anno, “Societing” (Egea 2009) è l’ultimo libro del sociologo dei consumi Giampaolo Fabris, nel quale vengono messi in discussione (con un vero e proprio “j’accuse”, nota “La Stampa”) gli approcci tradizionali al marketing: il Manifesto del blog correlato al libro, www.societingblog.com, infatti, chiama a una “radicale rifondazione” della disciplina.

La copertina suggerisce che ci troviamo in un passaggio analogo a quello dell’uomo cinquecentesco: da un universo “chiuso”, centrato sulle grandi narrazioni della “crescita” e del marketing come funzione diretta su consumatori-obiettivo, facilmente identificabili e sul momento dell’acquisto, siamo ormai proiettati in uno spazio indefinito di relazioni e possibilità mai viste, in cui i rapporti di potere e di “creazione” tra marketer e consumatori appaiono invertiti e comunque decentrati rispetto agli assi del decennio scorso.

Anche se di questo passaggio si discute da anni, molte imprese non hanno ancora imparato a pensarsi nel nuovo contesto, a pensare davvero i mercati come “conversazioni” (come recitava già la prima tesi del Cluetrain Manifesto, a cui Fabris si richiama): le “cassette degli attrezzi” in circolazione sono ancora quelle vecchie, con strumenti ormai desueti per segmentare il mercato e studiare il “consumatore” (altro termine ingannevole). Strumenti del tutto inadeguati per affrontare le sfide del marketing relazionale ed esperienziale, di quello tribale, multiculturale, multietnico e del “marketing etico”, legato soprattutto alle nuove preoccupazioni per l’ambiente e per la sostenibilità.

Societing anziché marketing, ovvero marketing come societing: non è un gioco di parole, ma un modo per evidenziare che “stare sul mercato”, per un’azienda, comporta ormai la capacità di attrezzarsi per fare “connected marketing”, per diventare interlocutore in una rete di conversazioni, snodo e tramite di relazioni. Il marketing, in quest’ottica, non può più essere concepito come una funzione con progetti a breve termine, concentrato sulla collocazione di un prodotto o sulla migliore trovata per indurre all’acquisto.

Il momento dell’acquisto non è più centrale: esso diventa per così dire un esito della centralità dei piani di relazione su cui l’azienda sa interagire. Anche le teorie più o meno sistematizzanti, come quella celebre delle “4 P”, appaiono a Fabris improponibili nel contesto mutato.

Il libro aiuta a fare il punto sulla propria “cassetta degli attrezzi”, nella consapevolezza del fatto che, come osservava Paul Watzlawick,

una situazione è desinata a peggiorare quando, in presenza di una crisi, si persevera con costanza crescente negli stessi comportamenti.

Ecco alcuni esempi di passaggio dal vecchio marketing al “neomarketing” (p. 211), da leggere tenendo presente che l’elenco è il risultato di argomentazioni e analisi di casi di studio non riassumibili nel giro di un post:

  • “sono responsabili gli addetti ai lavori/responsabile è ognuno di noi”;
  • “i marketer hanno il potere/i consumatori hanno il potere”;
  • “pubblicità/evangelizzazione”;
  • “la trasmissione one-way/la conversazione two-way”;
  • “contenuti creati dall’azienda/contenuti creati dagli utenti”; ;
  • “chi spende molto vince/chi insegna molto vince”;
  • “mercati di massa/utenti selettivi, finalizzati”;
  • “nascondere/trasparenza”/;
  • “la storia deve essere avvincente ma fantasiosa (compera questo e farai più sesso)/ la storia deve essere avvincente ma reale (compera questo e farai foto migliori)”; “il dominio dello spot di trenta secondi/ il dominio del passaparola”; ;
  • “focus sulla marca/focus su utenti appassionati”.

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