Riciclaggio di click sporchi: due denunce

Microsoft ha denunciato un gruppo e vari utenti anonimi mettendo evidenza un nuoto schema di click fraud che nasconde i click fasulli mistificando così il sistema ed arrecando gravi danni agli inserzionisti che portano i propri capitali su Bing
Microsoft ha denunciato un gruppo e vari utenti anonimi mettendo evidenza un nuoto schema di click fraud che nasconde i click fasulli mistificando così il sistema ed arrecando gravi danni agli inserzionisti che portano i propri capitali su Bing

Microsoft ha depositato due distinte denunce con le quali suona l’allarme: il click fraud è un pericolo continuo e strisciante, difficile da identificare e sempre più complesso nelle sue espressioni tecnologiche. Con le due denunce Microsoft mette al riparo i propri clienti da un nuovo schema truffaldino, ma getta al tempo stesso un velo di preoccupazione sul settore poichè va a mettere in risalto una vulnerabilità in grado di costare grandi capitali agli inserzionisti coinvolti.

Con la propria iniziativa Microsoft punta il dito contro il “Click laudering“, qualcosa che il gruppo spiega con la metafora del riciclaggio di danaro sporco. Quel che i truffatori hanno messo in piedi è un sistema in grado di aumentare artificiosamente il numero dei click sui banner di particolari siti, qualcosa che può essere realizzato peraltro nascondendo la truffa disseminandola su un grande numero di utenti. Così facendo i click fasulli vengono identificati come reali ed il click fraud viene “ripulito” dal sistema generando costi per gli inserzionisti e vantaggi tanto per Microsoft, quanto per i truffatori. Microsoft non intende però far parte della partita e, anzi, intende quanto prima ripulire il brand da questa macchia portando avanti un attacco legale finalizzato all’interruzione dello schema identificato.

Le indagini interne portate avanti dalla Microsoft Advertising e dalla Microsoft Digital Crimes Unit hanno identificato due casi specifici, ognuno dei quali colpito da specifica denuncia. Il primo è quello del sito RedOrbit e la denuncia coinvolge tanto il presidente Eric Ralls quanto una decina di “John Doe” (anonimi). La seconda denuncia è rivolta invece ad una serie di utenti anonimi ricollegabili al sistema HelloMetro. RedOrbit non ha al momento diramato una posizione ufficiale, ma avrebbe già informalmente negato ogni addebito: a suo carico v’è però l’impennata di introiti registrata, qualcosa che sembra quindi ricollegare direttamente le parti identificando possibili responsabilità in merito.

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