Niente medico, la diagnosi la fa lo smartphone

In Gran Bretagna sarebbe allo studio una tecnologia per diagnosticare, tramite un chip collegato al telefono, malattie sessualmente trasmissibili
In Gran Bretagna sarebbe allo studio una tecnologia per diagnosticare, tramite un chip collegato al telefono, malattie sessualmente trasmissibili

Saremo sempre più dipendenti dai nostri smartphone? Una domanda come questa non può avere una risposta immediata, ma nasce dopo la segnalazione di un gruppo di ricercatori britannici che sta lavorando per sviluppare un chip in grado di gestire da casa la diagnosi relative alle malattie sessualmente trasmissibili. L’applicazione consisterebbe in un mix di hardware e software per permettere alle persone di utilizzare poche gocce di saliva o urina su particolari chip.

Lo stesso chip sarebbe, infine, in grado di spedire, tramite il telefono cellulare, una diagnosi. È il Guardian a pubblicare per primo la notizia riferendo che in Gran Bretagna, dove le malattie a trasmissione sessuale, così come le gravidanze adolescenziali, sembrano essere particolarmente diffuse, sarebbero stati messi in campo 6.5 milioni di sterline per investire nel programma: nelle farmacie o nei locali notturni, quindi, potrebbero comparire distributori automatici di chip alla cifra economica di uno o due dollari.

Il motivo di questo particolare investimento è dichiarato dal dottor Tariq Sadiq, secondo cui «Il telefono cellulare può diventare un medico mobile. Può diagnosticare la presenza di malattie sessualmente trasmissibili come la clamidia o la gonorrea e può dirti dove andare per farsi curare». E non solo: in futuro nuove applicazioni potrebbero aiutare a scovare infezioni differenti.

Non mancano i dubbi sulla reale possibilità che un programma di questo tipo prenda vita e funzioni davvero, come affermato dal professor Basil Donovan il quale, ai microfoni del Sydney Morning Herald, si è dimostrato molto scettico ed ha liquidato la cosa come uno scherzo. In ogni caso, infatti, il test potrebbe essere in grado di offrire risultati accurati solo nel 10% dei casi. Sadiq non è di questo avviso: «La tecnologia ha fatto passi avanti molto in fretta e riteniamo che questi dispositivi saranno tecnicamente possibili nel giro di 2-3 anni. Pensiamo di venderli forse tra 7 o 10 anni».

In una scena del film Wall-e i protagonisti umani sono completamente dipendenti dalle macchine e vivono in un mondo di alienazione e di mancanza di contatti. Forse è una visione post-apocalittica eccessiva, ma la notizia del programma britannico, non del tutto confermato e probabilmente da archiviare ad oggi come fantascienza, pone sul tavolo anche importanti questioni morali: davvero la tecnologia è diventata così onnipresente e semplice da usare?

Davvero, in fututo, sarà più semplice consultare una chiavetta USB collegata al proprio computer invece che consultare un medico?

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