Wikileaks, chi c'è dietro i DDoS?

Dietro gli attacchi a MasterCard, Visa, ed altre compagnie si cela il gruppo Anonymous. Ecco chi sono, cosa vogliono e come agiscono
Dietro gli attacchi a MasterCard, Visa, ed altre compagnie si cela il gruppo Anonymous. Ecco chi sono, cosa vogliono e come agiscono

Il ciclone WikiLeaks non si ferma, ma anzi coinvolge un numero crescente di interessati. Il Web diventa quindi canale di informazione per la lotta pro-Assange, con gruppi che cercano di affermare l’innocenza dell’attivista australiano. I mezzi utilizzati sono quelli dei DDoS e degli attacchi a siti appartenenti ad istituzioni in qualche modo legate alla repressione del fenomeno WikiLeaks. Attacchi organizzati tramite comunicazioni che passano per diverse vie, da Twitter a Facebook.

Proprio il social network di Palo Alto ha visto più volte nascere, morire e risorgere la pagina di Operation:Payback, all’interno della quale numerosi sostenitori di Assange e della libertà di informazione organizzano “spedizioni punitive” nei confronti di aziende, persone ed enti coinvolte nella lotta contro WikiLeaks. La policy di Facebook parla chiaro, e vieta categoricamente la creazione di pagine e profili mirati all’esecuzione di atti illegali. Di qui la decisione di chiudere la prima versione del profilo, che è comparso nuovamente tra le pagine attive di Facebook sotto altra forma, dando vita ad una lotta in stile gatto contro topo, con i sostenitori di WikiLeaks pronti a rispondere ad ogni mossa dello staff del social network.

Il gruppo degli anonimi, come hanno deciso di definirsi, ha scelto anche Twitter come mezzo di informazione. Anche in questo caso i vertici del servizio di microblogging ha impugnato le condizioni di utilizzo e ha prontamente chiuso le porte in faccia al gruppo. Una decisione, questa, che potrebbe spingere gli anonimi a considerare Twitter alla stregua di gruppi quali MasterCard o Visa, che dopo aver tagliato ogni canale per l’invio di fondi a WikiLeaks hanno dovuto affrontare attacchi informatici ai rispettivi siti Web. Ma i dirigenti di Twitter non temono la minaccia, e si dicono pronti ad affrontare ogni tipo di attacco, come già accaduto in passato.

Ma chi sono questi anonimi? Il Guardian li definisce «un gruppo di persone che condividono gli stessi ideali», citando fonti non meglio identificate che ha svelato al quotidiano britannico alcune informazioni riguardanti proprio il gruppo pro-Assange. A quanto pare, all’interno dell’organizzazione non vige una struttura gerarchica, quanto piuttosto la volontà di mettere a disposizione le proprie conoscenze per portare avanti questa lotta. I membri appartengono a categorie profondamente diverse, dagli studenti alle prime armi con il mondo informatico ad esperti del settore, in grado di mettere in seria difficoltà enti ed organizzazioni di un certo calibro.

L’origine del gruppo è da rintracciare nel forum di discussione 4chan, in un periodo collocabile all’incirca nell’anno 2003. Lo stesso nome, Anonymous, ricalca un gergo forumistico: la parola anonymous compare quando una persona scrive all’interno di un forum senza essersi registrata, risultando dunque anonima. Il loro obiettivo non è quello di attaccare senza motivo, per il solo gusto di farlo, bensì di difendere cause ritenute valide: tra queste, non poteva mancare il caso WikiLeaks, che risulta inoltre essere una delle iniziative di più alto profilo dell’intero movimento.

«Il gruppo Anonymous supporta WikiLeaks non perché d’accordo con le informazioni pubblicate, ma in quanto non tolleriamo alcuna forma di censura della rete. Se lasciamo cadere WikiLeaks senza combattere, allora i governi penseranno che possono chiudere facilmente ogni sito che considerano inopportuno». Con queste parole la fonte del Guardian, celatasi dietro il nickname Coolblood, spiega le intenzioni del gruppo. Un gruppo che vede nella libertà del Web uno dei principi fondamentali dell’intera organizzazione della rete, senza il quale viene a cadere l’essenza stessa di Internet.

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