Frequenze 4G: "tesoretto" a rischio di furto

Il Ministero dello Sviluppo Economico non potrà attingere al tesoretto ricavato dall'asta delle frequenze 4G: lo vieta la nuova Legge di Stabilità.
Il Ministero dello Sviluppo Economico non potrà attingere al tesoretto ricavato dall'asta delle frequenze 4G: lo vieta la nuova Legge di Stabilità.

A mano a mano che il valore dell’asta saliva, a qualcuno iniziava a venire l’acquolina in bocca: raccogliere un grande valore dall’assegnazione delle frequenze 4G, infatti, significava probabilmente riuscire a mettere da parte il denaro che lo Stato avrebbe in seguito potuto investire in infrastrutture per la banda larga. Era questo il quadro perfetto per il rilancio che il settore attende da tempo: risorse trovate internamente grazie ad una miglior gestione delle frequenze, il riutilizzo delle stesse internamente al settore da cui sono scaturite, la possibilità di annullare definitivamente quell’atavica scarsità di investimenti che il comparto vede ormai da troppo tempo. Ma la chimera sembra essersi presto spezzata.

Paolo Romani, Ministro dello Sviluppo Economico, avrebbe infatti alzato la voce per pretendere la propria parte del tesoretto, allarmato dalle voci che vedono i conti dello Stato avere priorità rispetto alle necessità di investimento che già da tempo erano state fatte presenti. Il tesoretto è immediatamente quantificabile: l’asta ha maturato 1,6 miliardi di euro in più rispetto alle previsioni e almeno 1 miliardo in più rispetto alle più ottimistiche speranze. La metà di quanto incassato in surplus avrebbe dovuto teoricamente rimanere nell’ambito, andando così a consegnare al ministero 800 milioni di euro che avrebbero potuto essere girati ai fini dello sviluppo di una Rete di nuova generazione.

La nuova Legge di Stabilità, però, dice qualcosa di diverso:

La bozza della legge di stabilità prevede che il maggior gettito incassato dallo Stato rispetto alle previsioni, pari a circa 1,6 miliardi, vada per il 50% al fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato e per il 50% al fondo a favore dell’istruzione previsto dal decreto 5 del 2009.

Smentiti, insomma, i piani antecedenti: il tesoretto, invece di andare a stimolare banda larga, posti di lavoro ed economia, andrebbe semplicemente a coprire il buco di bilancio ed a ridurre il deficit in questi giorni in discussione. Una scelta importante, insomma, che rischia di togliere alla banda larga italiana anche l’ultima speranza maturata. Le promesse del denaro fermo al CIPE prima e  il tesoretto che scompare poi, però, diventano segnali strategici preoccupanti: le priorità sono altrove e, nonostante tutti gli appelli che in queste ore stanno arrivando con forza anche dallo IAB Forum, la politica sembra non aver ancora a cuore i destini digitali del paese.

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