Banda larga: tesoretto ufficialmente scomparso

I fondi per la banda larga sono definitivamente scomparsi: la Legge di Stabilità non prevede gli 800 milioni precedentemente promessi al settore.
I fondi per la banda larga sono definitivamente scomparsi: la Legge di Stabilità non prevede gli 800 milioni precedentemente promessi al settore.

Il ministro Romani l’aveva lasciato intendere, il ministro Sacconi l’aveva pressoché confermato ed ora è ancora Romani a metterci definitivamente una pietra sopra: il tesoretto destinato fino a poche settimane or sono alla banda larga è scomparso. Scompaiono di nuovo, quando ormai sembrava cosa fatta, 800 milioni di euro: a più riprese il Governo li ha promessi al settore, ma ogni volta ha ritrattato dirottando altrove i fondi.

Il tesoretto aveva una quantificazione precisa: 800 milioni, ossia il  50% dell’extragettito accumulato con l’asta per le frequenze 4G. Denaro proveniente dalla tecnologia, che alla tecnologia però non verrà restituito: la Legge di Stabilità prevede altre scelte ed il sacrificio è pertanto nuovamente consumato. Secondo il Sole 24 Ore la nuova destinazione è «al 50% al fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato e al 50% a un fondo nello stato di previsione del ministero dell’Economia che servirà ad attenuare i tagli ai vari ministeri, in particolare a sicurezza e difesa ed ambiente».

Romani spiega di aver fatto il possibile, tentando di difendere il capitale per ribadire la necessità di investire nel settore. La rinuncia, ha spiegato il ministro, è giunta soltanto in seguito alle pressioni dei colleghi ed alla promessa per cui al tesoretto si sarebbe sostituito l’impegno (ben più vago ed improbabile) della Cassa Deposito e Prestiti, un nome che torna ciclicamente a gravitare attorno alle necessità della banda larga ma che mai fino ad oggi ha trovato applicazione concreta. Romani ha altresì tirato le orecchie ai gruppi attivi nel comparto, contestando una eccessiva ritrosia all’investimento anche in presenza di capitali statali a garanzia del rischio relativo alla costruzione di una nuova rete ad alta velocità. Ma a questo punto il quadro si infittisce di dettagli e non sembra preludere a novità imminenti:

Il tavolo è saltato quando Telecom Italia e Fastweb, principali player della fibra ottica, si sono sfilati puntando tutto su un progetto alternativo che ruota intorno a Metroweb, società milanese privata rilevata dal fondo F2i di Vito Gamberale. F2i a sua volta è partecipato con il 16% da Cassa depositi e prestiti, con la quale tra l’altro ha in comune il presidente: Franco Bassanini. Di qui l’idea, anche per comunicare l”armistizio’ tra Romani e Tremonti, di archiviare il vecchio progetto, con i relativi fondi, dello Sviluppo economico e ripartire dal progetto Metroweb-F2i-Cdp, da aprire al massimo a un’ipotesi di project financing.

Nella giornata di ieri la Commissione Europea ha promesso 9,2 miliardi di euro al settore, finanziabili con Project Bond garantiti dall’UE. Trattasi però di capitali a cui si potrà accedere soltanto quando e se il comparto privato avrà formalizzato le proprie proposte ed avrà messo in campo i capitali. La via italiana sembra voler passare per Metroweb, e la scelta ha un sapore politico e finanziario prima ancora che tecnico o strategico. Ma è una strada ancora tutta da delineare.

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