Chanel affair: siti oscurati per contraffazione

Un giudice del Nevada ha fatto sospendere e de-incidizzare dal Web centinaia di siti Web accusati di contraffazione da parte di Chanel.
Un giudice del Nevada ha fatto sospendere e de-incidizzare dal Web centinaia di siti Web accusati di contraffazione da parte di Chanel.

Il Governo degli Stati Uniti ha ripreso il cosiddetto “Operation in Our Sites“, ovvero un programma destinato a rilevare i prodotti contraffatti e piratati venduti online. Stavolta, un giudice del Nevada si è pronunciato in favore di Chanel, noto produttore operante nel settore della moda, che aveva intrapreso una battaglia contro i siti Web che offrono beni contraffatti marchiati, illegalmente, Chanel.

Il caso ha avuto rilevanza notevole poiché Chanel aveva intentato una causa contro quasi 700 domini che, a suo parere, vendevano tra le proprie pagine online prodotti contraffatti. Il produttore ha assunto inizialmente un investigatore per esaminare quali siti possano aver agito illegalmente, e ne sono stati trovati 228, un numero di rilievo che ha indotto il giudice Kent Dawnson a sequestrare e trasferire tali domini a GoDaddy, previa la visualizzazione di una pagina che ne indica il sequestro. I siti in questione saranno sotto custodia di GoDaddy fin quando il caso non sarà definitivamente risolto. Al contempo, è stato richiesto a Google, Bing, Facebook, Twitter e una serie di altri servizi sul Web di de-indicizzare tali siti dalle proprie pagine.

L’azione ha suscitato parecchie polemiche sul Web nei confronti di Chanel, poiché sebbene la contraffazione sia una vera e propria piaga e le aziende abbiano chiaramente la necessità di proteggersi da coloro che vendono illegalmente prodotti con il proprio marchio, Chanel si sarebbe accanito contro i rivenditori sospettati, senza che sia stato svolto un giusto processo. Attualmente non si ha infatti alcuna certezza sull’illegalità delle vendite fatte su un determinato sito coinvolto nella faccenda, ma nel contempo l’azione preventiva ha già portato i siti sospettati fuori dal mercato.

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