Credito al consumo: irregolare il 70% dei siti

Secondo un rapporto dell'Unione Europea il 70% dei siti web di credito al consumo è risultato irregolare, poco chiaro e privo di importanti informazioni.
Secondo un rapporto dell'Unione Europea il 70% dei siti web di credito al consumo è risultato irregolare, poco chiaro e privo di importanti informazioni.

Poca trasparenza nelle informazioni e numerose irregolarità: è questa la situazione dei siti che offrono credito al consumo. Le rilevanze emergono da un’indagine dell’Unione Europea che, nel suo rapporto, ha fatto il punto della situazione mostrando i dati di 29 paesi e rivelato un quadro particolarmente negativo che grava soprattutto sui consumatori.

Dei 562 siti controllati, ben il 70%, ovvero 393, richiedono ulteriori indagini, a causa di «presunte violazioni delle regole europee sulla protezione dei consumatori». In Italia la percentuale non è da meno: su 15 siti controllati, 12 sono stati segnalati come irregolari. Meglio non se la passano paesi come Spagna, Cipro e Malta, con la totalità dei siti bocciati, Finlandia (80%) e Belgio (95%), mentre la situazione è risultata del tutto positiva in Bulgaria, Islanda e Slovenia. Francia e Portogallo, invece, passano in parte il test, attestandosi su percentuali relative del 22% e del 35%.

Ciò che spesso viene segnalata è una comprensione non del tutto facile, pubblicità priva delle informazioni standard prescritte, offerte e costi presentati in maniera fuorviante o poco chiari. Come dichiarato dal commissario UE per i consumatori, John Dalli: «Quando si vuole un credito può talora capitare che alla fine esso costi più quanto inizialmente preventivato, per imprecisione o mancanza di informazioni importanti. Il credito al consumo non è sempre di facile comprensione: per questo esiste una legislazione europea che aiuta i consumatori a prendere delle decisioni fondate. Occorre quindi che le imprese offrano ai consumatori le informazioni necessarie in modo corretto. La Commissione ha il dovere di collaborare con le competenti autorità nazionali per raggiungere questo obiettivo».

Dopo l’indagine, iniziata a settembre 2011, è tempo ora dell’imposizione delle direttive da parte delle autorità nazionali: secondo le parole di Dalli, gli istituti dovranno correggere o chiarire le informazioni presenti sui loro siti e regolarizzare così la propria posizione.

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