New York Times: come Apple risparmia milioni in tasse

Il New York Times spiega come Apple e altri giganti tecnologici riescano a risparmiare milioni, se non addirittura miliardi, in tasse.
Il New York Times spiega come Apple e altri giganti tecnologici riescano a risparmiare milioni, se non addirittura miliardi, in tasse.

Il New York Times ha pubblicato un interessante articolo in cui spiega come Apple e altri giganti dell’industria tecnologica riescano a risparmiare milioni di dollari in tasse, senza infrangere alcuna regola ma sfruttando al contrario i cosiddetti “paradisi fiscali”, in particolar modo quei paesi nei quali esistono delle aliquote inferiori se non addirittura inesistenti rispetto la California.

Il dato è molto interessante e va oggettivamente aldilà della sola mela morsicata, poiché permette di capire come chi domina la moderna industria digitale riesca a sfruttare al meglio delle regole meno rigide per questo tipo di mercato, dato che sono state chiaramente pensate per i prodotti fisici tradizionali. Se oggi Apple è la prima della classe di Wall Street, con una capitalizzazione di mercato pari a 563,8 miliardi di dollari, lo deve anche al modo astuto con cui paga meno tasse rispetto quanto dovrebbe fare nella soleggiata California.

Curioso, riporta il celebre quotidiano, è il caso di un ufficio Apple situato a Reno, nello stato del Nevada. Non è adibito alla produzione, né è stato pensato per la progettazione o il supporto tecnico ai clienti tramite il servizio AppleCare. L’unica ragione per cui esiste è la sua convenienza fiscale: in California, l’aliquota per le aziende è pari all’8,4%, mentre non esiste in alcun modo in Nevada, dunque spostare una delle attività di stato in stato permette al colosso di risparmiare milioni di dollari ogni anno. E non sono solo gli Stati Uniti: Apple ha aperto uffici anche in altri paesi dove la pressione fiscale è decisamente più allentata, come Irlanda, Paesi Bassi, Lussemburgo e Isole Vergini Britanniche.

La strategia di Apple in questo senso è tra le migliori dato che è l’azienda che è riesce a risparmiare di più rispetto altre realtà tecnologiche quotate sullo S&P 500, che pagano tasse per un terzo più basso rispetto le imprese tradizionali. Per fare un esempio pratico, l’anno scorso Apple ha pagato al fisco americano 3,3 miliardi di dollari di tasse su scala globale, ma su profitti pari a 34,3 miliardi quindi con un’aliquota complessiva del 9,8 percento. Senza le agevolazioni da altre paesi, avrebbe dovuto sborsare 2,4 miliardi di dollari in più.

La risposta di Apple non ha comunque tardato ad arrivare:

«Apple ha condotto le sue attività rispettando i più alti standard etici, le leggi vigenti e le leggi contabili. Apple paga una quantità enorme di tasse, che aiutano i nostri governi locali, statali e federali. Nella prima metà dell’anno fiscale 2012, le nostre operazioni negli Stati Uniti hanno generato quasi 5 miliardi di imposte federali e statali sul reddito, incluse le tasse sul reddito trattenute sui guadagni dei dipendenti. Questo ci rende tra i migliori contribuenti degli Stati Uniti».

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