Foxconn: il lato oscuro dell'iPhone 5

Un giornalista si finge operaio in Foxconn, la fabbrica di iPhone 5: turni inumani, comandi dittatoriali, situazioni igienico-sanitarie disastrose.
Un giornalista si finge operaio in Foxconn, la fabbrica di iPhone 5: turni inumani, comandi dittatoriali, situazioni igienico-sanitarie disastrose.

Oggi è il gran giorno del nuovo iPhone 5, con il keynote ufficiale Apple previsto per le ore 19 di questa sera. Ma un giorno di festa in quel di San Francisco corrisponde a una giornata di duro lavoro negli stabilimenti Foxconn, la società cinese partner della Mela per la produzione dei suoi iDevice. Nonostante Apple si sia impegnata a fornire delle condizioni di lavoro più umane, inviando in loco gli osservatori di The Fair Labour Association, permarrebbe infatti una situazione da vero e proprio incubo. A svelarla è un giornalista locale della testata Shanghai Evening Post, fintosi un operaio per ben 10 giorni consecutivi.

Il reporter si è offerto come operaio rispondendo a uno dei tanti annunci di lavoro che, proprio in concomitanza con iPhone 5, Foxconn ha lanciato sul suolo cinese. E, così, è stato assunto in prova alla fabbrica di Tai Yuan, dove per 10 giorni è stato sottoposto a un durissimo orientamento, di natura prettamente militare. Una sorta di dittatura in piccolo, a cui si andrebbero ad aggiungere condizioni igienico-sanitarie disastrose.

Si parte dai dormitori, definiti come dei luoghi sporchi, puzzolenti e sovraffollati. Davanti all’entrata di ogni camerata vi sarebbe accatastata dell’immondizia, che nessuno si preoccupa di ritirare, e gli scarafaggi farebbero capolino su tutta la struttura, giungendo addirittura ai letti. Letti privi di biancheria pulita, con lenzuola imbrattate dai precedenti utilizzatori e ricolme di polvere e cenere.

Si procede, quindi, con la “Top Security Area”, il luogo dove presumibilmente vengono assemblati i device non ancora presentati al grande pubblico. Qui, come lecito attendersi, metal detector e addetti speciali passano al vaglio ogni singolo dipendente – anche con perquisizioni fisiche – alla ricerca di fotocamere, smartphone e qualsiasi altro oggetto idoneo alla fuga di notizie. Chi è scoperto in evidente infrazione del regolamento, viene immediatamente licenziato. All’interno del reparto, il giornalista è stato inserito nella catena di montaggio del retro di iPhone 5, quella scocca in alluminio che dovrebbe presentare degli inserti in Gorilla Glass. Tra punizioni per aver lavorato troppo lentamente o accuse ridicole, come quelle di sprecare troppo collante o di non ottimizzare il movimento del polso durante l’uso di penne e pennelli, a ogni lavoratore viene ricordato come la loro posizione di sfruttati non sia ingiusta, bensì un privilegio:

«Questo è il retro del nuovo e inedito iPhone 5! Dovreste essere onorati di produrlo!»

E non è tutto, perché i turni di lavoro verificati sul campo sarebbero inumani, ripetitivi e con dei compensi irrisori, a volte meno di 10 dollari al giorno:

«Dai miei calcoli, avrei dovuto siglare almeno 5 retro di iPhone 5 al minuto. Ogni 10 ore, avrei dovuto raggiungere i 3.000 retro di iPhone 5 siglati. Ci sono quattro linee di produzione totali in questo processo, con 12 operai per ogni linea. Ogni linea può produrre fino a 36.000 retro di iPhone 5 in mezza giornata, è spaventoso. Finivo di lavorare alle 7 di mattina, ma ci veniva chiesto di rimanere anche dopo il lavoro. Un supervisore ci urlava: “Chi vuol riposare alle 5 della mattina!?! Siamo tutti qui per far soldi! Lavoriamo più duramente!”. E nel mentre pensavo: “Chi su questa terra vorrebbe fare uno straordinario di notte, per solo quattro dollari?»

Si tratta, con tutta probabilità, di condizioni inumane che sfuggono al controllo della stessa Apple e di Fair Labour Association, ma chissà che lo scandalo ad orologeria scoppiato proprio nel giorno dell’iPhone 5 non porti la Mela a farne accenno sul palco di San Francisco.

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