Gli ISP tasseranno Google e Apple?

Una proposta per tassare i fornitori di servizi Internet come Google e Apple, a favore degli Internet Service Provider.
Una proposta per tassare i fornitori di servizi Internet come Google e Apple, a favore degli Internet Service Provider.

ETNO (European Telecommunications Network Operators) è l’associazione europea fondata nel 1992 che si occupa di regolamentare il comportamento degli operatori di telecomunicazioni sul territorio continentale, di cui fanno parte realtà come Telecom Italia e Deutsche Telekom. Dai suoi vertici è giunta nella mani dell’International Telecommunications Union una proposta che potrebbe dare uno scossone all’attuale panorama Web: tassare i grandi fornitori di servizi come Google o Apple che richiedono un traffico sempre maggiore.

La richiesta ha come obiettivo principale quello di garantire agli ISP (Internet Service Provider) introiti sufficienti per mantenere efficienti le infrastrutture, senza le quali società come quelle citate poc’anzi (ma anche Microsoft, Facebook e altre) non potrebbero consentire l’accesso alle proprie piattaforme perdendo così utenza e profitti. Una visione delle dinamiche alla base della grande Rete che presenta però più di un punto debole e discutibile soprattutto dal punto di vista del consumatore.

Che oggigiorno la banda richiesta per la connessione a Internet sia di gran lunga superiore rispetto al passato è innegabile, ma è vero anche che la manutenzione e il miglioramento delle infrastrutture dedicate spetta alle aziende responsabili, che da sempre percepiscono un canone di abbonamento per la connessione. Chiedere a chi mette a disposizione i servizi il pagamento di una tassa rischierebbe di portare a due conseguenze, entrambe deleterie per l’utente: la ricaduta di questo prezzo sull’accesso ai servizi o il decadimento della loro qualità.

In altre parole, se l’operatore impone a realtà come Google o Apple di sborsare del denaro per ripagare del traffico dati generato, nel lungo periodo queste non potranno fare altro che scegliere di rivalersi sull’utilizzatore finale. Una prospettiva che, soprattutto in un paese come il nostro dove il digital divide rappresenta ancora un problema tutt’altro che lasciato alle spalle, rischia di frenare ulteriormente le possibilità di crescita.

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