L'universo dei fashion blog

Un fatto di cronaca accende i riflettori sul mondo dei fashion blogger: perché sono così diffusi e perché sono così importanti per il Web?
Un fatto di cronaca accende i riflettori sul mondo dei fashion blogger: perché sono così diffusi e perché sono così importanti per il Web?

Il mondo dei fashion blogger salta prepotentemente agli onori della cronaca: una rappresentante di questo variegato universo, peraltro non conosciutissima al grande pubblico, pare si sia appropriata indebitamente di abiti e prodotti di alta moda per un valore di 60.000 euro. Ma chi sono le fashion blogger e perché questo mondo è così importante per il Web?

Si parta dai fatti: Olivia Alexandra, titolare del blog The Little Black Dress, è stata denunciata a Milano da due società legate al mondo della moda per aver sottratto 60.000 in beni tra abbigliamento e accessori, tra cui prodotti Ferragamo, Adidas e Stella McCartney. A quanto pare, sebbene le conferme in tal senso siano solo ufficiose, la giovane non avrebbe riconsegnato gli abiti prestati per servizi fotografici per il blog.

Già questa descrizione fornisce un primo tassello dell’universo dei fashion blogger: chi intraprende questa strada non è soltanto un normale blogger, un utente che propone sulla Rete le proprie opinioni, ma un vero e proprio brand. Le fashion blogger – il femminile è d’obbligo data la natura in rosa dell’ambiente – stringono contatti con le principali case di moda, vengono invitate alle sfilate, diventano testimonial degli abiti che indossano. E sono molto temute, perché oggi il parere negativo di una fashion blogger può distruggere la fama anche della griffe più blasonata, più di quanto lo possa fare una rivista specializzata.

Ovviamente, la grande maggioranza delle fashion blogger non agisce all’interno dei confini dell’illegalità, bensì in un mercato fiorente e virtuoso. E proprio in fatto di moda online l’Italia riesce a conquistarsi la prima posizione – un dato non da poco, visto che lo Stivale non è propriamente la nazione dell’innovazione online – grazie a dei nomi ormai di culto a livello internazionale. Il riferimento è naturalmente a Chiara Ferragni, la giovane che ha reso il fashion blogging non solo una materia popolare, ma anche un vero e proprio business. La Ferragni ha preso le mosse qualche anno fa aprendo il proprio blog, The Blonde Salad, e di giorno in giorno ha iniziato a proporre degli outfit alle lettrici armandosi di fotocamera. E così è diventata pian piano un punto di riferimento sul Web: il suo account Twitter conta quasi 123.000 follower, la pagina Facebook quasi 250.000 mi piace e pare che il sito raggiunga l’ottima cifra di 1.775.000 visitatori unici, un dato che pareggia solo con i big dell’intrattenimento online. In altre parole, Chiara Ferragni è diventata il brand di se stessa: ha stretto accordi con le case di moda, è diventata testimonial di altre (in questi giorni la si vede su YouTube impegnata in un viral marketing per il trucco targato Yves Saint Laurent) e pare non possa mancare a nessun evento mondano del fashionbiz. Certo, la popolarità ha anche il suo rovescio della medaglia: sui social network ha tanti ammiratori ma altrettanti detrattori e, come riporta un articolo di Style.it di questa primavera, pare vi fosse una polemica – poi smentita – su alcuni suoi compensi. Normale amministrazione per un personaggio pubblico, di cui non si può negare la fortuna e nemmeno la capacità di trasformare un hobby in un lavoro a tutti gli effetti.

Altro esempio italiano è quello di Veronica Ferraro, intervistata qualche tempo fa da DireDonna. Il suo blog si chiama The Fashion Fruit e anch’esso ottiene numeri di tutto rilievo, seppur minori rispetto a The Blonde Salad. Quasi 30.000 i “mi piace” su Facebook e 13.000 follower su Twitter, la Ferraro ha giocato sapientemente con la fidelizzazione dei propri utenti. Le fotografie proposte sono decisamente curate, sicuramente d’ispirazione giornalistica, e vi è una dedita cura al rapporto con i fan con una buona presenza sui social network. Anche per lei non sono mancati eventi mondani, anche in veste d’inviata per importanti testate del settore, interviste, contatti con le case d’alta moda e molto altro ancora. E poi un universo variegato di altri nomi italiani, da Bobos a Rock ‘n’ Mode, da Scent Of Obsession a Freaky Friday. Il portale Les Cahiers Fashion Marketing ciclicamente stila una classifica di tutti i fashion blogger italiani, segno di come sia davvero un mercato trainante.

Non è però tutto rose e fiori. Il Web – pare quasi inutile sottolinearlo – muta velocemente: cambiano le piattaforme, i linguaggi, la comunicazione. Con l’esplosione dello scambio “fast” in stile social, e con l’affermarsi della fotografia anziché la parola (si pensi a Instagram), il mondo dei blog rischia di diventare vetusto. La prima sfida, allora, è assistere alle strategie che le fashion blogger metteranno in atto per stare al passo con i tempi, capire se dal blog vi sarà un trasferimento su altre piattaforme più social (qualche esperimento è già in atto su Lookbook), se vi saranno altri linguaggi. L’altra questione è invece quella del sovraffollamento. Il fenomeno Ferragni ha di certo regalato a lettori e lettrici un sogno: non solo quello di diventare famosi grazie alla Rete, ma anche di trovare il lavoro perfetto proprio avvalendosi della Rete. E così sono in centinaia, se non migliaia, i blog sorti per emularla. È però evidente che il mondo della moda non abbia le risorse, né la voglia, di accontentare quest’esercito di stilisti in erba su Blogspot, quindi a emergere saranno solamente pochissimi nomi meritevoli a discapito di una moltitudine di “invisibili” sia a livello di marketing che di Web stesso. Un po’ come succede per i fenomeni di YouTube – fra tutto il variegato universo delle truccatrici online solo ClioMakeUp è riuscita ad affermarsi prepotentemente ottenendo un contratto televisivo – anche il mondo del fashion blogging è per pochi. Capaci o criticati, amati o odiati che siano, non vi è spazio per la moltiplicazione infinita. È il rovescio della medaglia del nascente Web 3.0: tutti hanno accesso, ma pochi lo domineranno.

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