Previti querela Wikipedia, ma perde

L'ex ministro berlusconiano aveva querelato Wikipedia per un contenuto, ma il tribunale di Roma gli ha dato torto. La logica ricorda la sentenza Google.
L'ex ministro berlusconiano aveva querelato Wikipedia per un contenuto, ma il tribunale di Roma gli ha dato torto. La logica ricorda la sentenza Google.

Il tribunale civile di Roma ha dato torto a Cesare Previti, che il 30 gennaio scorso aveva avviato una causa legale nei confronti di Wikipedia. L’ex ministro berlusconiano sosteneva che la versione italiana della voce “Cesare Previti” contenesse affermazioni inesatte e diffamanti e che la Wikimedia Foundation ne fosse responsabile. La legge ha stabilito diversamente.

La sentenza Wikipedia-Previti è un caso molto interessante, che assomiglia nella prima parte al parere favorevole a Google della Corte di Giustizia Europea aggiungendo anche l’elemento crowdsourcing. Cesare Previti (avvocato a sua volta) ha sostenuto nella sua causa che la Wikimedia Foundation dovesse rispondere di fronte alla legge italiana per aver fornito un luogo che consente la pubblicazione di contenuti presumibilmente diffamanti:

Nella fattispecie, senza Wikipedia non esisterebbe la pubblicazione diffamatoria oggetto di causa; Wikimedia, in pratica, ha posto in essere le condizioni per lo stesso verificarsi dell’illecito, offrendo all’autore materiale dello scritto un luogo grazie al quale poterlo diffondere (e farlo diventare, solo grazie al potente mezzo predisposto, diffamatorio).

La sentenza, però, ha sottolineato che un servizio di hosting non corrisponde al responsabile dei contenuti scritti dagli utenti individuali. In pratica, se su una voce dell’enciclopedia online si riportassero anche contenuti potenzialmente diffamanti, Wikipedia non sarebbe responsabile, dato che è possibile rintracciare l’autore di questi contenuti riportati. Il giudice ha prima di tutto riconosciuto lo status di hosting provider e non di content provider di Wikimedia, esonerandola dalla responsabilità per i contenuti ospitati. In questo (e solo in questo) assomiglia alla conclusione della sentenza pro Google.

L’importanza della modifica

L’elemento che distingue la sentenza è anche al centro del progetto Wikipedia: il crowdsourcing. Secondo il tribunale, infatti, è determinante anche il fatto che il sito offre un servizio basato sulla libertà degli utenti di compilare le voci dell’enciclopedia:

Wikipedia può essere apertamente modificata da tutti e chiunque può individuare e segnalare potenziali inesattezze tramite i processi di revisione della comunità. È proprio questa libertà che esclude l’obbligo di garanzia e che trova il suo bilanciamento nella possibilità lasciata a chiunque di modificarne i contenuti e di chiederne la cancellazione.

La combinazione di questi due fattori, hosting e modifica dei contenuti, ha prevalso sulla causa intentata dall’ex politico, stabilendo, peraltro, anche un concetto importante dal punto di vista degli utenti: data la natura aperta e fluida dei progetti, non può garantire l’accuratezza dei contenuti disponibili; o meglio, la sentenza solleva la Wikimedia Foundation dall’obbligo di fornire garanzie di accuratezza. Mentre sono le condizioni d’uso ad essere dirimenti.

Una sentenza che suggerisce cautela ai redattori volontari

La morale di questa sentenza, accolta con grande soddisfazione della Wikimedia Foundation, è presto detta: i forum aperti e collaborativi non potrebbero esistere se le organizzazioni che li ospitano fossero legalmente (e finanziariamente) responsabili di ogni presunto errore che trova spazio sulle loro pagine. La stessa Wikipedia, con trasparenza, affida questo pensiero a commento finale sul suo blog:

Ogni individuo è legalmente responsabile delle proprie azioni, sia online che offline. A tutela del vostro interesse, dovreste agire con cautela ed evitare di contribuire ai progetti di Wikimedia con contenuti che potrebbero dar luogo a responsabilità civili o penali di fronte alla legge.

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