Facebook pubblica le richieste dei governi

Anche il social di Mark Zuckerberg mostra il numero di dati richiesti dai governi. In Italia accolte la metà delle domande su 2306 account.
Anche il social di Mark Zuckerberg mostra il numero di dati richiesti dai governi. In Italia accolte la metà delle domande su 2306 account.

Facebook ha pubblicato il suo primo rapporto globale sulle richieste di enti governativi di dati degli utenti. Un report di trasparenza in stile Google e Twitter, preannunciato da tempo, ma anche in piena tempesta Datagate. Tuttavia, almeno il social mostra le richieste ufficiali. Che sono, come previsto, alcune migliaia.

Il post di Colin Stretch nella newsroom del sito, al netto delle lunghe e quasi imbarazzate spiegazioni su quanto sia importante per l’azienda la salvaguardia dei dati degli utenti, si compone di una illustrazione dei criteri utilizzati e dei numeri per ogni singola nazione. Il report viene riassunto un grafico a colonne che elenca i paesi che hanno chiesto informazioni, il numero di richieste ricevute da ciascuno di questi paesi, il numero di account specificati in tali richieste e la percentuale delle richieste accolte.

L’Italia e gli altri paesi

Si scopre dal Global Government Report che nei primi sei mesi del 2013 Menlo Park ha ricevuto oltre 25 mila richieste, in Italia il numero preciso è stato di 1.705 richieste a proposito di 2.306 account, accolte nel 53% dei casi. Percentuale che non deve sorprendere: se si escludono Stati Uniti e Gran Bretagna, molti paesi occidentali di queste dimensioni non superano neppure il 40%, come nel caso della Francia e della Germania, ferme al 39% e 37%.

Le rassicurazioni fuori tempo massimo

Dopo le clamorose indiscrezioni alimentate da Snowden e dal Guardian sullo spionaggio onnicomprensivo della Rete, e la notizia secondo la quale la stessa NSA avrebbe pagato le aziende della Silicon Valley, risulta difficile dare molta importanza a questo tipo di rapporti statistici aggregati. Resta vero e fondato che le tecnologie messe in campo dall’agenzia per la sicurezza nazionale americana sembrano essere in grado di superare ogni ostacolo e quindi di non avere bisogno di autorizzazioni (perciò tra gli spiati si dovrebbero considerare anche questi stessi server privati dove sono conservati miliardi di dati sensibili), per non parlare del fatto che nel caso degli Stati Uniti Facebook ha pubblicato i dati in un range, giustificandosi col fatto che al momento la legge non permette di pubblicare tutte le richieste.

Anche per questo le conclusioni del rapporto sembrano un accorato appello affinché si entri in una nuova fase del rapporto tra stati, aziende e cittadini. Altrimenti preverrà una sfiducia che potrebbe rallentare l’espansione della Rete, a danno di tutti:

Ci auguriamo che questa relazione sarà utile ai nostri utenti nel dibattito in corso circa gli standard adeguati per le richieste del governo nelle indagini ufficiali. Consideriamo questo come un importante primo rapporto, e non sarà l’ultimo. Nei prossimi report speriamo di essere in grado di fornire ancora più informazioni circa le richieste che riceviamo da parte delle autorità.
Come abbiamo già affermato in diverse circostanze, siamo convinti che sia possibile proteggere i cittadini affiancando la trasparenza all’impegno degli enti governativi. Non sono valori inconciliabili, ma ideali che possono convivere all’interno di società libere e che contribuiscono a renderci ancora più forti. Incoraggiamo fortemente tutti gli enti governativi a garantire una maggiore trasparenza in materia di sicurezza pubblica e continueremo a sostenere l’importanza di un’apertura maggiore.

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