Niente più profili nascosti su Facebook. E allora?

Si parla molto della sparizione della modalità incognita del profilo Facebook. L'evoluzione del social l'aveva reso un controsenso. Ma a chi importa?
Si parla molto della sparizione della modalità incognita del profilo Facebook. L'evoluzione del social l'aveva reso un controsenso. Ma a chi importa?

Una piccola parte del Facebook che fu sta per svanire completamente. Il social sta per cancellare l’opzione degli account, di per sé già minoritaria, che bloccava la possibilità di comparire nel motore di ricerca interno del sito a chi non fosse amico o amico degli amici. In pratica, con l’introduzione della timeline e del Graph Search Facebook ha ritenuto essere controproducente mantenere, anche solo formalmente, la domanda «Who can look up my timeline by name?», perciò verrà depennata.

Niente più profili invisibili, che in realtà invisibili non sono mai stati. La barra di ricerca di Facebook, infatti, è un motore affidabile, ma un tag di una persona amica su una foto può comunque rendere visibile agli altri anche l’account più immobile e riservato. Alcuni commentatori sono stupiti della contraddizione tra la forte esigenza di privacy sempre ribadita in ogni sondaggio dagli utenti e la totale assenza di proteste per questo passaggio, ma la verità è che riguarda un gruppo molto ristretto di persone che avevano specificato a suo tempo di consentire solo agli amici e amici degli amici di poterli cercare e contattare. Riceveranno una notifica a proposito di questo cambiamento senza appello.

Il messaggio che apparirà al gruppo di persone che hanno fin qui impedito la ricerca pubblica (ma interna, non su Google) del proprio profilo su Facebook.

Il messaggio che apparirà al gruppo di persone che hanno fin qui impedito la ricerca pubblica (ma interna, non su Google) del proprio profilo su Facebook.

La casa trasparente

Viviamo in una casa trasparente da quando la realtà fisica si è compenetrata con quella online, la Rete è uno spazio pubblico e quando siti dai contenuti recintati diventano grandi quanto un continente si è punto a capo e bisogna avvertire, culturalmente, quale minaccia principale alla privacy l’incapacità di comprendere che non ne abbiamo più una.
Da questo punto di vista, Facebook è in buona compagnia: è di pochi giorni fa l’annuncio di Google dello sfruttamento commerciale dei commenti e foto di utenti di Google+ e YouTube per gli inserzionisti.
La ragione è presto detta: queste realtà consentono di filtrare abbastanza efficacemente la presenza in Rete. Si affidano a meccanismi di silenzio-assenso o di assenso implicito informato per comunicare i cambiamenti, poi aspettano. Nessun utente si sognerebbe mai di cancellarsi dai social finché saranno così in tanti a non farlo e a restarci. È la legge di conservazione della massa applicata al Web, secondo la quale raggiunto un certo peso, anche Facebook, Twitter, Google +, Instagram, tendono a restare invariati e a non subire modificazioni brusche della loro popolazione.

Il metodo migliore

La via maestra per evitare di farsi strumento di Facebook e delle sue – peraltro legittime – mire economiche legate alla reperibilità e visilità degli account, alle loro attività e preferenze, è quella di scegliere per ogni contenuto chi può vederlo e chi no. Insomma, il setting. Con la possibilità, spesso non adeguatamente utilizzata, di impostare la privacy limitando in un solo clic i vecchi post e decidendo un contenuto alla volta da qui in avanti.

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