Apple: ecco cosa comunica all'autorità giudiziaria

Apple pubblica un report per spiegare quali e quante informazioni vengano chieste dalle autorità giudiziarie mondiali, magistratura italiana inclusa.
Apple pubblica un report per spiegare quali e quante informazioni vengano chieste dalle autorità giudiziarie mondiali, magistratura italiana inclusa.

In un’ottica di piena trasparenza nei confronti dei consumatori a seguito dello scandalo NSA, Apple ha pubblicato ieri un dettagliatissimo report sulla privacy, con cui spiega quante e quali informazioni vengono concesse su richiesta dell’autorità giudiziaria. E sebbene gli Stati Uniti detengano il record di tali richieste d’accesso ai dati degli utenti, negli ultimi sei mesi l’Italia ha interpellato il gruppo di Cupertino per 409 volte, chiedendo informazioni su oltre 4.000 device e 60 account, ottenendo alcuni dati personali sugli utilizzatori in casi di comprovata urgenza.

Intitolato Report On Government Information Requests, il lungo PDF riporta con dovizia di statistiche in che modo Apple interagisca con le autorità giudiziarie mondiali, spiegando come la privacy dell’utente sia protetta e quando le informazioni richieste siano effettivamente corrisposte. Il tutto introdotto da una premessa sulla filosofia Apple, in cui la protezione dell’utente – così afferma Cupertino – è prevista sin dal design di un dispositivo.

«Non abbiamo interesse nell’ammassare informazioni personali sui nostri clienti. Proteggiamo le conversazioni personali fornendo una crittazione end-to-end per iMessage e FaceTime. Non memorizziamo i dati di locazione, le ricerche sulle mappe o le richieste di Siri in nessun modo identificabile.»

Apple, richieste sugli account

Apple, richieste sugli account

Passando ai numeri veri e propri, gli Stati Uniti sono la nazione dal maggior numero di richieste – quasi 3.500 sui dispositivi e oltre 2.000 sugli account – sebbene dati più precisi sulle modalità di ottenimento delle informazioni non siano specificati, a causa del “gag order” che impedisce alle aziende di diffondere queste analisi sugli USA. Una non piena trasparenza che Apple non gradisce, tanto da sottolineare di essersi opposta alla decisione durante un incontro con i membri del Congresso e i rappresentanti governativi alla Casa Bianca.

Per quanto riguarda l’Italia, si hanno invece dati più strutturati. Partendo dai dispositivi, Apple ha ricevuto 409 richieste inerenti 4.034 device – ogni domanda può riguardare più terminali contemporaneamente, perché reati come i furti coinvolgono spesso gruppi di più smartphone o tablet – e ha fornito 331 risposte, per una percentuale di soddisfazione delle richieste della magistratura dell’81%. Passando agli account – quindi i dati di iTunes Store, gli Apple ID e via dicendo – in 60 casi l’Italia ha richiesto informazioni sensibili come nome e cognome, sparsi su 74 profili totali. La Mela ha acconsentito allo svelamento di quanto richiesto solo nel 34% dei casi, fornendo informazioni sensibili in 18 episodi, dati neutrali in 38 occasioni e nessun elemento per altri 22. Complessivamente, lo Stivale è al quarto posto della classifica in termini di device, ma il settimo in domande totali. La percentuale di soddisfazione citata poc’anzi è invece delle più alte sull’intero Pianeta, segno di come le necessità della magistratura siano state considerate per la gran parte fondate e legittime.

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