Intervista ad Antonio Nicita, Commissario AGCOM

Il nuovo commissario dell'Agcom parla con Webnews delle telco, i rapporti con l'agenda digitale, il futuro del regolamento sul copyright.
Il nuovo commissario dell'Agcom parla con Webnews delle telco, i rapporti con l'agenda digitale, il futuro del regolamento sul copyright.

L’ultima ma fondamentale pedina dello scacchiere, il successore di Antonio Decina, eletto da Montecitorio a novembre ma diventato effettivo soltanto col nuovo anno. Lui è Antonio Nicita, 45 anni, il nuovo commissario dell’Autorità Garante per le comunicazioni. Docente di politiche microeconomiche e regolazione dei mercati alla Sapienza di Roma, è un siciliano laureato alla Bocconi, con Cambridge e Yale nel curriculum, ed è fondatore e Segretario Generale della Società Italiana di Diritto ed Economia. La sua importante esperienza professionale sulle reti di comunicazione elettroniche è ora al servizio dell’autorità. Gli argomenti sul tappeto sono molti e tutti delicati: il mercato delle Tlc, il digital divide in Italia, il regolamento sul copyright, approvato dal vecchio collegio.

Bip Mobile: il ruolo AGCOM

Partiamo dal caso Bip Mobile, che parla dell’indiretto ruolo di protezione dei consumatori dell’authority: cosa ne pensa?

Eventi come quello che ha riguardato gli utenti di Bip Mobile sono rari e il loro improvviso manifestarsi costringe ad azioni ex-post di tutela, limitati dai poteri di Agcom. Nondimeno dal caso specifico va tratta una lezione generale, a mio avviso, per il prossimo futuro. Ci sono due profili di preoccupazione: il primo, a tutela degli utenti il cui fornitore di servizi, per le ragioni più diverse, cessi o ritardi le attività, inclusa quella di migrazione e portabilità; il secondo, a tutela della concorrenza del mercato, bisogna evitare che un caso isolato possa danneggiare la reputazione di tutti gli altri operatori virtuali e quindi il clima concorrenziale esercitato sul mercato.

Come può intervenire in futuro Agcom?

Può farlo, nella cornice dei suoi poteri, sul lato dei meccanismi volti a favorire migrazione e portabilità. Invece per i temi relativi al recupero del credito residuo e alla pressione concorrenziale degli operatori virtuali di rete mobile, lo spazio è quello della moral suasion e dell’autoregolamentazione, ad esempio attraverso l’istituzione di un fondo di garanzia, come pure è stato proposto.

E come si finanzierebbe questo fondo di garanzia?

Ci sono diverse varianti. Personalmente, credo che questa idea possa farsi strada ove non generi costi aggiuntivi per gli operatori. Si potrebbero recuperare risorse dall’insieme – non piccolo – di tasse e altri balzelli che ancora oggi gravano sugli operatori e sugli utenti. Stiamo studiando alcune proposte, avanzate anche dalle associazioni dei consumatori. Gli altri profili relativi alle cause e alle responsabilità che hanno generato il caso Bip esulano da un diretto intervento dell’Agcom, ma è indispensabile comprendere cosa sia davvero successo anche in vista di altre misure che possono essere adottate da altre istituzioni.

 

AGCOM, Telecom Italia e banda larga

Avvio di forme di authorised shared access

Veniamo al tasto dolente: infrastruttura e architettura di Rete italiana. Ormai conosciamo fin troppo bene i suoi problemi (segno meno a Dsl, Lte, rete fissa, mentre crescono WiMax e Operatori virtuali). A cosa serve esattamente la vostra indagine?

Innanzitutto si tratta un’indagine conoscitiva congiunta con l’Antitrust e ciò ne rivela il contributo di sistema che le due istituzioni intendono dare, responsabilmente, al dibattito nel paese. Gli obiettivi sono quelli di Agenda Digitale 2020, sia con riferimento all’approfondimento dei meccanismi concorrenziali e di complementarietà tra reti fisse e reti mobili, sia in relazione al dibattito pubblico sulla selezione delle politiche pubbliche più efficaci e dei modelli economici e tecnologici più efficienti per incrementare la dotazione infrastrutturale di banda larga e ultra larga in Italia.
Scopo dell’analisi è mostrare la pluralità delle opzioni possibili, la credibilità e la tempistica dei vari piani annunciati dalle imprese, i possibili modelli e livelli di coinvestimento – incluso il famoso “scorporo” che è una delle opzioni possibili – la relazione tra concorrenza e coordinamento, anche geografico, degli investimenti. Il tutto facendo attenzione non solo alla concorrenza statica ma a quella dinamica che può svilupparsi in ciascuno degli scenari.

L’indagine produrrà suggerimenti?

Per ciascuno scenario individuato tenteremo di mostrare i punti di forza e di debolezza in funzione di diversi obiettivi di policy, per esempio la qualità degli investimenti, il tipo di concorrenza, il grado di copertura oppure di esclusione digitale. Ci sarà spazio per suggerimenti concreti che riguarderanno anche la banda larga mobile e la complementarietà tra rete fissa e rete mobile nelle diverse aree geografiche. Occorre favorire l’uso della banda L per supplemental downlink nei servizi mobili secondo le indicazioni CEPT, lasciando qualche spazio per i servizi DAB (digital audio broadcasting). Più in generale, sempre sul lato banda larga in mobilità, rifletteremo sull’avvio di forme di Authorised shared access su frequenze finora riservate ad attività militari e di sicurezza e che offrono ampi spazi per altri usi differenziati nel tempo e nello spazio. Si tratta di un suggerimento già proposto dall’authority e che oggi può ricevere una spinta decisiva, anche attraverso la creazione di un tavolo di coordinamento con tutti i ministeri competenti. Potrebbe diminuire tempestivamente il digital divide in aree ad esclusione digitale e sarebbe utile per il lancio di nuovi servizi.

Non si rischia la sovrapposizione con l’imminente rapporto sui piani degli operatori per il miglioramento della rete Internet curato da Francesco Caio, commissario per l’attuazione dell’agenda digitale italiana?

No, anzi. Guardiamo con molto interesse ai risultati del Rapporto Caio, al quale il presidente Cardani ha assicurato piena collaborazione e condivisione di informazioni. Le analisi della commissione Caio costituiranno un importante punto di partenza della nostra indagine, che poi svilupperà scenari alternativi proponendo valutazioni dal lato concorrenziale e regolamentare. Faremo di tutto per finire presto, comunque prima del tempo massimo di sei mesi che ci siamo dati.

La concorrenza sembra essere uno dei nodi principali dei suoi interessi e studi, certamente è anche un elemento fondamentale per la crescita della rete nell’ottica degli obiettivi dell’Agenda. Eppure non mancano i problemi: penso ai rapporti sindacali delle telco, alle minacce di Telecom su unblunding e possibile infrazione europea. Che scenario ci aspetta?

Siamo senza dubbio ad un punto di svolta rispetto alla regolamentazione che ha caratterizzato fino ad oggi le comunicazioni elettroniche. Il 2013 si è chiuso, ora guardiamo al futuro: quest’anno sarà decisivo in Italia e in Europa. Se il principio che aveva animato la regolazione è stato quello del cosiddetto ladder of investment (la concorrenza all’ex monopolista tramite investimenti a scala, ndr) permettendo forme asimmetriche di entrata in vista di una piena concorrenza infrastrutturale, oggi quel modello potrebbe essere in parte rivisto alla luce delle politiche pubbliche e private in relazione agli investimenti sulla banda larga e ultra larga. Conteranno anche le spinte alla concentrazione tra operatori che avverranno nel nostro paese e l’oggettivo ritardo della banda larga e ultra larga in Italia, nonché il modo in cui intenderemo superare l’esistenza di interi pezzi del paese a forte esclusione digitale.
Inutile nascondere che le vicende relative alla proprietà e alla governance dell’operatore dominante influenzeranno comunque il futuro del mercato, non solo sotto il profilo concorrenziale ma proprio sotto il profilo del tipo di concorrenza e di investimenti, circostanza che influenza ovviamente anche il disegno regolatorio. D’altra parte, parafrasando un vecchio film, il futuro non può attendere e Agcom intende comunque fare le sue valutazioni su scenari alternativi.

 

Questione Net Neutrality

Mi trovo in disaccordo con una visione troppo semplificata della neutralità della rete

Il settore è teso e squilibrato. La riforma di Neelie Kroes fa urlare alla violazione della neutralità della rete. La “prioritizzazione” è il male? È sempre esistita nella rete mobile…

Il settore delle comunicazioni elettroniche è un settore ad alta litigiosità. L’inseguirsi dei ricorsi ci precipita all’indietro e ritarda il cambio di prospettiva e di passo. Io mi auguro che si possa chiudere una fase e che si possa inaugurare un percorso nuovo di chiarezza nel quale il regolatore, suo malgrado, non sia costretto a rincorrere gli eventi ma contribuisca a determinarli in un quadro di certezze e anche di respiro lungo. Credo che gli operatori telco dovrebbero guardare in alto, cioè al mondo Over–the-Top e alle dinamiche dell’ecosistema Internet, anziché continuare a fare della litigiosità sulla rete il focus esclusivo dei loro rapporti.
Da questo punto di vista condivido l’approccio di Neelie Kroes quando richiama la necessità che la regolazione sia stabile, ma mi trovo in disaccordo con una visione troppo semplificata della neutralità della rete: la legherei al tema delle esternalità positive generate sul mondo OTT piuttosto che al finanziamento delle reti di nuova generazione. Nutro anche delle riserve nei confronti dell’argomento che vede la “stabilità” non come cornice istituzionale bensì al mero livello dei prezzi di accesso alle reti. La stabilità deve risiedere nelle metodologie e nei principi, non nei loro risultati applicativi, che ne sono la conseguenza.
In questo quadro la nozione di “single market” andrebbe riferita proprio ai principi generali e non alla forzosa creazione di mercati artificiali il cui esito potrebbe essere quello, da un lato, di trascurare le specificità nazionali e dall’altro di annacquare, in mercati sovranazionali, le posizioni dominanti locali e i connessi obblighi regolamentari.

 

Colpire selettivamente i soli comportamenti di violazione di massa

L’ultima questione riguarda ovviamente il copyright e il tanto discusso regolamento Agcom, che è stato approvato prima del suo insediamento. Si parla di ricorsi nazionali e a Strasburgo. Che prospettive ci sono, anche qualora non trovasse più ostacoli sul suo cammino?

L’Autorità ha ritenuto non solo di avere i poteri per adottare il regolamento, ma di avere un vero e proprio obbligo di intervento e quindi di essere esposta a censure in caso di inottemperanza. Vi sono stati larghi apprezzamenti, specie dall’industria che ha insistito su questa misura come difesa e rilancio della competitività della creatività italiana. Dopo di che sono state anche sollevate critiche e annunciati vari ricorsi sui poteri Agcom in relazione alla frontiera – decisamente mobile – tra tutela del diritto d’autore online e tutela del pluralismo e della libertà di espressione. Che dire? Vedremo gli sviluppi.
Va osservato che sono in discussione diversi progetti di riforma della legge sul diritto d’autore che potrebbero modificare non solo la legge del 1941 e i suoi principi, ma fornire nuovi elementi per la definizione, la tutela e l’enforcement del copyright online, come diritto intrinsecamente distinto da quello pensato e tutelato dal legislatore in un mondo di carta, radio, vinile, nastri magnetici e fotocopie.

Intende dire che è ancora possibile un indirizzo parlamentare agli strumenti e poteri dell’Agcom?

Come hanno ripetuto più volte il presidente Cardani e il collega Posteraro, l’Agcom è sempre in attesa e in ascolto del Parlamento. Peraltro il dibattito è ben vivo e aperto anche a livello europeo. Nuove iniziative legislative potrebbero cambiare il quadro, introducendo ad esempio forme di tutela del tipo liability rules (regole di responsabilità, ndr) nelle quali il focus si sposta sull’elemento risarcitorio rispetto a quello inibitorio, secondo l’approccio suggerito da Guido Calabresi e più recentemente da Ian Ayres della Yale School of Law. Nel frattempo, la parte sostanziale degli interventi Agcom dipenderà, specie nella fase iniziale, dalle linee guida e interpretative che l’Autorità si darà e sulle quali sono pronto a contribuire.

Lei ha spesso invocato un approccio “pragmatico” alla tutela del diritto d’autore online. In che senso?

Personalmente, ho sempre visto con favore un approccio che punti a colpire selettivamente i soli comportamenti di violazione di massa che abbiano quindi un impatto consistente sul mercato di riferimento. In questo modo il focus dell’intervento si sposterebbe dalla singola violazione al rapporto tra natura del comportamento e grado di concorrenzialità sul mercato collegato al prodotto. Un tema delicato al riguardo è quello delle “false violazioni” che in realtà altro non sono che l’uso di un’opera intangibile come input essenziale per la generazione di un prodotto nuovo in concorrenza sul medesimo mercato o su mercati nascenti, sulle linee dei casi Magill e IMS in Europa.
Sullo sfondo, resta la provocazione di Boldrin e Levine per i quali ci sono evoluzioni tecnologiche che rendono storicamente superati i vecchi prodotti, la cui tutela punta solo a dare ancora un po’ di ossigeno a mercati destinati all’oblio. Sono temi straordinariamente interessanti rispetto ai quali l’approccio è necessariamente destinato a interpretare rapidamente il cambiamento.

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