Apple vs Samsung: Google e altri retroscena

Nella causa Apple vs Samsung, l'intervento di Google è stato ritenuto interessante ma non ha contribuito alla decisione finale. Ci sono vari retroscena.
Nella causa Apple vs Samsung, l'intervento di Google è stato ritenuto interessante ma non ha contribuito alla decisione finale. Ci sono vari retroscena.

Nella causa legale appena conclusa tra Apple e Samsung non vi è stato alcun testimone o elemento di prova in particolare a riuscire a far cambiare di molto le opinioni della giuria, nemmeno quando è entrata in scena Google. Lo ha dichiarato Thomas Duhnam, ovvero colui che ha guidato le recenti deliberazioni della giuria della corte di San José (California). Piuttosto Samsung userebbe indebitamente da tempo le proprietà intellettuali altrui come una tattica di business.

Adesso che il processo è terminato in favore di Apple, si può apprendere qualche informazione aggiuntiva dietro le cause che hanno convinto la giuria a dichiarare Samsung colpevole di aver infranto due brevetti, e per tale motivo dovrà pagare quasi 120 milioni di dollari alla società rivale (che invece dovrà a Samsung quasi 160 mila dollari). Dunham, un dirigente di IBM ora in pensione, è fortemente convinto che l’operato delle due aziende vada solo a danno dei consumatori e spera che in futuro trovino un modo per risolvere le loro controversie, questo perché gli ingegneri devono oggi trascorrere sempre più tempo con gli avvocati e ne hanno di conseguenza sempre meno per creare nuovi prodotti.

Qualcuno si aspettava però che la somme per il risarcimento danni fossero più alte, dato il calibro del processo. Dunham ha precisato che la scelta di abbassare la cifra non è scaturita dalla volontà di mandare un messaggio alle aziende – ovvero quello di accordarsi in futuro e di non ricorrere nuovamente in tribunale – piuttosto è nata da un esame approfondito delle prove e delle informazioni a disposizione della corte. L’intervento di Google in aula è stato però ritenuto molto interessante.

Il capo della giuria ha infatti sottolineato che il momento di maggior interesse nella querelle è stato probabilmente quando Google ha dichiarato che avrebbe aiutato economicamente Samsung, qualora avesse violato davvero almeno un paio di brevetti coinvolti nella causa. Tuttavia, Google non ha contribuito in alcun modo alla decisione della giuria: «è stato interessante, ma non ha cambiato nessuno dei nostri pensieri», ha dichiarato Pamela Stage, un altro giurato. «Non ha cambiato il nostro processo decisionale in alcun modo».

Infine, Vanity Fair ha pubblicato un lungo pezzo che offre uno sguardo alla storia di Samsung: pare che il fatto che usi i brevetti altrui senza alcun permesso sia una vera e propria tattica di business, e non un errore. Un avvocato di Apple ha infatti dichiarato che rubare idee chiave da altre società e utilizzarle nel proprio portfolio brevettuale è una tattica che Samsung ha utilizzato già molto tempo prima dei problemi avuti con Apple: «secondo vari atti processuali e persone che hanno lavorato con Samsung, ignorare i brevetti dei concorrenti non è raro per l’azienda coreana. E una volta presi si lancia nella stessa sorta di tattica usata nel caso Apple.

Com’è stato documentato durante le cause globali in corso tra le due aziende, Samsung ha studiato l’iPhone in ogni sua funzionalità e ha usato quelle idee nello sviluppo della gamma Samsung Galaxy S. «A poco a poco, il nuovo modello di smartphone Samsung ha cominciato ad assomigliare – e a funzionare – proprio come l’iPhone. Le icone sulla schermata iniziale avevano simili angoli arrotondati, dimensioni e una falsa profondità creata da un riflesso attraverso l’immagine. L’icona per la funzione telefono è passata dall’essere il disegno di una tastiera alla riproduzione virtualmente identica dell’immagine del telefono che si vede sull’iPhone. La lunetta con gli angoli arrotondati, il vetro presente su tutta la superficie del telefono, il tasto Home in fondo – tutto è quasi uguale».

Ti consigliamo anche

Link copiato negli appunti