Nove consigli alle startup da un ex Googler

Un ex dipendente di Google fornisce alcuni suggerimenti a chi desidera avviare una startup: un elenco nato dall'esperienza maturata in nove anni con bigG.
Un ex dipendente di Google fornisce alcuni suggerimenti a chi desidera avviare una startup: un elenco nato dall'esperienza maturata in nove anni con bigG.

I nove comandamenti di Google. Così potremmo definire l’elenco stilato da Thomas Korte, per quasi un decennio dipendente del gruppo di Mountain View e oggi impegnato con il progetto AngelPad. Una serie di consigli offerti a tutti coloro che desiderano creare una startup di successo, suggerimenti per dar vita ad una realtà solida in cui lo spirito di collaborazione tra fondatori e dipendenti può emergere e rappresentare il pilastro portante dell’intero business, spalancando le porte ad innovazione e successo.

Scorrendo la lista, allegata qui di seguito, si potrebbe pensare ad una serie di frasi messe insieme in tutta fretta, dal contenuto addirittura banale e scontato. È però proprio partendo da questi punti che Larry Page e Sergey Brin hanno saputo far crescere in pochi anni ad una realtà capace di diventare uno dei più importanti protagonisti dell’ambito Web, estendendo poi il proprio raggio d’azione in territori lontani da quelli della grande Rete: si pensi ad esempio all’impegno di bigG nella produzione di energia pulita o allo sviluppo della self-driving car in grado di guidare da sola. Basta con le premesse: ecco le indicazioni fornite da Korte a chi desidera avviare una startup.

  1. Assumere persone valide;
  2. assumere per l’azienda, non per il lavoro da svolgere;
  3. chiedere “Perché no?” al posto di “Perché?”;
  4. basarsi sulle informazioni, non sulle opinioni;
  5. mettere gli utenti al primo posto, non i profitti;
  6. condividere le informazioni della società con i dipendenti;
  7. costruire un’identità culturale solida, che sappia resistere;
  8. offrire la possibilità di sognare;
  9. chiedere il perdono, non il permesso.

Prendiamo in considerazione l’ottavo punto, ad esempio. Google permette ai suoi dipendenti di impiegare il 20% del tempo lavorativo per dedicarsi a progetti differenti da quello che prevede il loro ruolo all’interno dell’azienda. Una formula che, nel tempo, ha portato ad emergere idee e competenze altrimenti destinate a restare nella testa dei Googler. In altre parole, stimolare la creatività e incoraggiare il personale a condividere le proprie ispirazioni non può che tradursi in qualcosa di positivo.

Per capire meglio il nono e ultimo punto è invece necessario ricorrere ad un esempio. Il progetto Google Books è nato come servizio per la scansione dei cataloghi e solo successivamente è stato impiegato per la digitalizzazione di libri e volumi. Una volta iniziata l’opera, il gruppo di Mountain View ha dovuto affrontare una serie di problemi, anche legali, relativi ai diritti d’autore dei volumi elaborati. Tutto si è chiuso con un accordo siglato tra il motore di ricerca e gli editori (almeno in Europa), che ha permesso alla piattaforma di restare online.

Ti consigliamo anche

Link copiato negli appunti