Christopher Nolan: lo streaming non uccide le sale

I servizi di streaming non uccideranno le sale cinematografiche, ma costringeranno le major all'innovazione: ne è convinto il regista Christopher Nolan.
I servizi di streaming non uccideranno le sale cinematografiche, ma costringeranno le major all'innovazione: ne è convinto il regista Christopher Nolan.

La fruizione dei film si sposta sempre più sulla nuvola: è iniziata l’era dello streaming, con la nascita di numerose piattaforme per poter gustare la propria pellicola preferita con pochi colpi di mouse. Dall’internazionale Netflix agli italianissimi Infinity e SKY Online, l’offerta diviene di giorno in giorno più variegata e comoda. E si ripete, così, l’antica contrapposizione tra major dei contenuti e utenti, le prime convinte – come ai tempi degli MP3 – che la tecnologia ucciderà il cinema e le sue sale. Non è però dello stesso avviso Christopher Nolan, regista di pellicole di culto come “Inception” e “Il Cavaliere Oscuro”, sicuro che il settore cinematografico continuerà a crescere, anche grazie allo streaming.

L’intervento del Premio Oscar è apparso qualche giorno fa sul Wall Street Journal, in una lettera aperta che il regista ha voluto indirizzare non solo agli utenti, ma anche ai colleghi e all’industria dei contenuti nel suo complesso: non ha senso temere l’evoluzione tecnologica. Anzi, è necessario comprenderla e cavalcarla, per evitare che l’innovazione passi unicamente dalla TV e dai riproduttori domestici, esclusa dalla scarsa lungimiranza dell’universo cinematografico.

Rifacendosi proprio alla storia degli MP3, Nolan spiega come il pubblico continuerà a sentire il desiderio di gustarsi una pellicola in sala, nonostante i sempre più estesi cataloghi disponibili sulle piattaforme di streaming. Così come gli MP3 non hanno scalfito la voglia di presenziare a un concerto, i fruitori non potranno compensare l’esperienza collettiva di un film al cinema con il televisore di casa. Il grande schermo può offrire un coinvolgimento tale, fatto sia di immagini che di condivisione fra gli spettatori, non riproducibile altrove: difficile che il pubblico voglia rinunciarvi. Semmai, l’esistenza di Netflix e affini obbliga i produttori di contenuti a rivedere le loro strategie terminate le proiezioni, rinfrescando il settore dell’home-video. Partendo proprio dalla parola “contenuti”, che rischia di livellare verso il basso la settima arte:

«Intesi come un flusso di dati, i film sarebbero unificati sotto il termine riduttivo dei “contenuti”: un gergo che pretende di elevare la creatività, ma in realtà banalizza le differenze di forma che sono state importanti per i creatori e il pubblico. Un “contenuto” può essere diffuso attraverso telefoni, orologi, stazioni di servizio o qualsiasi altro schermo, il cinema diventerebbe quindi un’altra di queste “piattaforme”, solo con schermi più grandi e portabicchieri».

Perseguendo l’ottica dei “contenuti”, non si fa altro che trasformare le sale cinematografiche in distributori di blockbuster, dove l’unico criterio per la programmazione è la capacità di vendere biglietti, senza considerare la qualità dell’esperienza di visione. Così facendo non solo le produzioni più originali e di nicchia verrebbero escluse, ma l’innovazione tecnologica sarebbe tutta ad appannaggio del consumo domestico, poiché le piattaforme – sia di streaming che di fruizione – sono altamente malleabili e inclini alla sperimentazione, nonché garantiscono accesso anche alle piccole realtà creative. La scommessa è allora puntare su titoli e registi in grado di offrire sul grande schermo delle novità – tecnologiche, creative e narrative – non possibili rimanendo comodamente seduti sul divano. Una struttura nuova, dove è finalmente la genialità a trainare le vendite, non queste ultime a limitare le possibilità di sperimentazione di registi e sceneggiatori.

«È impensabile che certi nuovi e straordinari lavori non emergano in una struttura nuova e aperta. Non vedo l’ora.»

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