Internet: quali diritti? Quali doveri?

Apre i battenti la Commissione di studio per i diritti e doveri relativi a Internet: entro metà ottobre le prime risultanze da presentare all'Europa.
Apre i battenti la Commissione di studio per i diritti e doveri relativi a Internet: entro metà ottobre le prime risultanze da presentare all'Europa.

28 luglio 2014: è questa la data con cui prende il via ufficiale la Commissione di studio per i diritti e doveri relativi a Internet. Una data a modo suo storica, comunque terminerà l’esperimento. Perché a proporla è Laura Boldrini, già promotrice di iniziative molto discusse in questo ambito; perché il tema è delicato, soprattutto se messo nelle mani di una commissione parlamentare; perché il passato e il contesto insegnano che raramente si è agito con reale consapevolezza in termini di azione e comprensione del Web.

Un’occasione in ogni caso importante, perché sarà una nuova opportunità per capire se il rapporto tra la politica e il Web possa andare oltre quel “rumore dei nemici” di cui Webnews racconta ormai da troppi anni. La presentazione offerta da Laura Boldrini, Presidente della Camera, è tutta all’insegna dell’apertura, della disponibilità e dell’approccio costruttivo al problema: capire, capire davvero, deve essere una responsabilità in capo al Parlamento ed è pertanto quest’ultimo il luogo da cui il dibattito deve ripartire:

Internet ci deve stare a cuore perché può davvero dare nuovo impulso alla partecipazione democratica sempre più in crisi in molti paesi. Sono convinta che anche grazie agli strumenti offerti dalla rete, il Parlamento possa trovare opportunità per rilanciare la sua funzione. Ciò richiama tutti ad una precisa responsabilità: fornire un contributo fattivo per giungere finalmente all’adozione di una Carta dei diritti. E’ per questo che oggi siamo qui.

In altri termini, il Parlamento non può rimanere a guardare di fronte a questi cambiamenti epocali. Le molteplici questioni connesse all’accesso e all’utilizzazione di Internet travalicano, per la stessa natura della rete, le dimensioni nazionali e richiedono un coordinamento per un impegno a livello sovranazionale. Quindi, la nostra iniziativa deve necessariamente avere una prospettiva che vada oltre i confini nazionali.

13-14 ottobre: in queste date i risultati della Commissione saranno sottoposti all’attenzione dei partecipanti alla riunione dei Parlamenti dei Paesi membri dell’Unione Europea e del Parlamento Europeo sui diritti fondamentali che si terrà presso la Camera. In parallelo, una consultazione pubblica avrà il compito di recepire le osservazioni “dal basso”, stimolando la partecipazione.

«Un Comitato ristretto, coordinato da Stefano Rodotà, produrrà una bozza da sottoporre alla Commissione entro fine settembre»: individuare i problemi prima di portare avanti il dibattito, insomma.

Qualche dubbio è lecito

La Commissione non lavorerà su un terreno fertile, anzi. Il contesto è inquinato da polemiche estremamente aspre su ogni fronte. Dalla pirateria all’equo compenso, passando per modelli simil-Uber e i problemi dell’editoria o la Webtax: tutto spinge in direzione contraria ad una serena discussione. Ma non solo.

Il dibattito mette nelle mani di Rodotà la scelta delle prime tematiche da affrontare, sulle quali la Commissione inizierà a lavorare soltanto dal mese di settembre. Entro metà ottobre si sarà messo nero su bianco un documento che rappresenterà l’Italia durante il semestre europeo di presidenza, passando per una non meglio precisata analisi “dal basso” nella forma di una consultazione pubblica.

E se la procedura non è chiara, nemmeno la materia prima lo è: chi siede al tavolo della discussione e sulla base di quali criteri (non tanto meritocratici, quanto almeno in termini di varietà e rappresentanza) è stato scelto? Per il momento si sa che si tratta di «23 membri fra deputati, esperti del settore, rappresentanti delle imprese, delle associazioni e della società civile». A loro un compito e una responsabilità gravosi: capire e relazionare qualcosa che fino ad oggi è sfuggito di mano per troppo tempo, fino a rendere il problema cronico, subdolo e, peggio ancora, ideologico.

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