GameStop: impronte digitali per i giochi usati

Da qualche settimana i punti vendita della catena GameStop di Philadelphia registrano le impronte digitali di tutti coloro che consegnano giochi usati.
Da qualche settimana i punti vendita della catena GameStop di Philadelphia registrano le impronte digitali di tutti coloro che consegnano giochi usati.

GameStop è la più grande catena di negozi al mondo dedicata alla vendita dei titoli videoludici. Parte del suo business si basa sul ritiro e sulla nuova commercializzazione dei giochi usati. Non si tratta certo di una novità, al contrario di quanto avviene negli store di Philadelphia da qualche settimana: a tutti i clienti che consegnano un prodotto di seconda mano viene infatti imposto l’obbligo di lasciare le proprie impronte digitali.

Una decisione che, come spiegato da un portavoce del gruppo, è stata introdotta su precisa disposizione delle autorità, sulla base di quanto imposto dalla legislazione riguardante la compravendita di prodotti usati e oggetti dati in pegno in cambio di denaro. Ecco le sue parole, raccolte dalla redazione del sito GameSpot.

È un processo che abbiamo implementato di recente, a partire dall’inizio di luglio, all’interno dei negozi di Philadelphia come richiesto dal locale dipartimento di polizia. Si tratta di una pratica adottata anche in altre parti degli Stati Uniti, in base alle leggi locali o statali sulla vendita di prodotti di seconda mano o dati in pegno. In questo momento stiamo rivedendo il procedimento per capire se è necessario continuare ad eseguirlo nella città di Philadelphia.

È possibile che in futuro lo stesso possa avvenire anche da noi? Tutto dipende dalla legislazione. Attualmente, recandosi in un negozio italiano della catena e portando un gioco usato, i commessi chiedono di compilare e firmare una ricevuta, con la quale si certifica l’identità del proprietario e la cessione del prodotto a GameStop, che a sua volta lo immetterà nuovamente sul mercato a prezzo ridotto.

C’è chi, come Grant Brunner di ExtremeTech, parla dell’ennesima dimostrazione di come la nostra sia ormai diventata una società distopica, proprio come nei romanzi di orwelliana memoria. Andrebbe piuttosto chiarito se l’attività della catena rientra tra quelle soggette all’imposizione della normativa in vigore a Philadelphia, uno sforzo che la società, complice anche il clamore sollevato in questi giorni dall’iniziativa, sembra intenzionata a fare.

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