Carcere e multe per siti pro anoressia: è polemica

Una proposta di legge mira a contenere la diffusione di siti pro-anoressia, con multe salate e la prospettiva del carcere: non tutti, però, sono d'accordo.
Una proposta di legge mira a contenere la diffusione di siti pro-anoressia, con multe salate e la prospettiva del carcere: non tutti, però, sono d'accordo.

Multe e carcere per chi incita ad anoressia e bulimia, due disturbi alimentari sempre più frequenti fra i giovani negli ultimi decenni. È questa la sostanza di una proposta di legge bipartisan, con Michela Marzano prima firmataria, avanzata lo scorso giugno anche in risposta al sempre più preoccupante aumento dei cosiddetti blog pro-ana. Una proposta che, tuttavia, nelle ultime ore ha acceso varie polemiche, così come i quotidiani nazionali riportano.

La proliferazione dei siti pro-ana – portali dove anoressia e bulimia vengono trattate come dei disturbi “positivi” per la persona, con tanto di consigli e ricette per diventare sempre più magri – è un problema che da oltre un lustro coinvolge la Rete. Con la facilità moderna garantita della tecnologia, e i pochi click che separano l’utente dalla pubblicazione online del proprio pensiero, si è sviluppato un preoccupante trend, tanto da allarmare esperti e governi di tutto il mondo occidentale. In barba al parere di medici, nutrizionisti e psicologi, gli autori di questi blog si trasformano in improvvisati esperti e negano rischi e danni dei disturbi alimentari, spesso incentivando i navigatori con promesse miracolose e fallaci messaggi d’autodeterminazione. Da qui la necessità di un controllo e di una limitazione, soprattutto per proteggere gli adolescenti dal finire in un network di condivisione – fatto di almeno 300.000 siti – che, anziché porre l’accento sulla pericolosità delle pratiche, le esalta eroicamente.

La proposta mira ad estendere l’articolo 580-bis del codice penale – il reato di incitamento al suicidio – per includere multe da 10 a 100.000 euro e la detenzione fino a 2 anni per chi incentiva bulimia e anoressia. Una scelta che ha trovato un’approvazione estesa fra i parlamentari italiani – oltre alla Marzano, docente di Filosofia morale all’Università di Parigi V René Descartes e scrittrice esperta sul tema dei disturbi alimentari, fra le firmatarie Mara Carfagna, Paola Binetti, Mariastella Gelmini e molti altri – poiché non solo improntata alla contenzione, ma anche alla prevenzione con formazione, diagnosi precoce e supporto psicologico grazie a uno stanziamento di 3 milioni di euro. Non mancano, però, le critiche.

Pur concordando come qualcosa debba essere fatto per contenere la proliferazione indiscriminata dei siti pro-ana, i dubbi più diffusi riguarderebbero le modalità. Sarebbe infatti difficile discriminare fra gli autori, poiché molti di questi blog sarebbero aggiornati proprio da giovani – in particolare ragazze – a loro volta affetti da bulimia e anoressia. La giornalista e filosofa Chiara Lalli, ad esempio, spiega come il rischio sia quello di non intercettare una situazione di disagio, colpevolizzando chi a sua volta è una vittima:

«Come si può pensare di mettere in prigione le autrici dei blog, dei siti Internet, delle pagine Facebook che spesso sono proprio le ragazze che soffrono di anoressia? Invece di intercettare il loro malessere, magari agganciandole attraverso la rete, si pensa a punirle.»

Di avviso simile anche la giornalista de Il Garantista Angela Azzaro, la quale spiega in un lungo intervento come la “cultura punitiva” non possa essere una soluzione alla questione, pur riconoscendo come importante il tentativo di affrontare il fenomeno. Di seguito, un estratto:

«La vera questione è capire che le motivazioni che spingono una ragazza, e oggi anche molti più ragazzi, a cadere in un drammatico rapporto con il cibo e con se stessi non sono riconducibili a una persona. I motivi sono almeno di due ordini. Uno culturale. Riguarda i modelli di bellezza, l’immaginario che ci propongono tv, giornali, cinema e web. È l’annosa questione di una magrezza esibita come il massimo della felicità, di diete propagandate come panacea di tutti i mali, di taglie 40 come traguardi da raggiungere a tutti i costi. […] L’altro motivo per cui non si può pensare che ci sia un “colpevole”, anzi il “colpevole”, è il fatto che anoressia e bulimia hanno una dimensione che non è solo sociale. Il disturbo alimentare è un sintomo, connotato socialmente e culturalmente, dentro cui si nascondono conflitti con le figure genitoriali, con se stessi, con il proprio Io. Dire c’è un responsabile che istiga e deve andare in galera è come sostenere che se il conflitto è con la madre, bisogna cacciare dietro le sbarre la genitrice».

Se da un lato non può essere colpevolizzata una giovane che, probabilmente non consapevole dei danni causati dalle disfunzioni alimentari, dal proprio computer aggiorna un blog, dall’altro lato rimane altrettanto urgente la necessità di un intervento, anche per limitare coloro che potrebbero nascondere altri scopi – economici, di traffico Web e quant’altro – alla base di un portale pro-anoressia. Michela Marzano, da sempre molto attenta al tema, ha affidato la sua risposta a un lungo messaggio, disponibile per intero sulla sua pagina Facebook ufficiale. Di seguito, un estratto:

«Cara Angela Azzaro, hai ragione. Almeno in parte. Perché sarebbe assurdo pensare – e mi spiace profondamente se è quello che lascia intravedere la proposta di legge da me depositata sui disturbi del comportamento alimentare – che il dramma dell’anoressia e delle bulimia si possa risolvere “punendo qualcuno”. Come molto giustamente scrivi nel tuo articolo, chiunque abbia vissuto sulla propria pelle questo dramma, sa che non esiste un colpevole da spedire in prigione. […] Non è questa, però, la ratio della legge che, come ricordi anche tu, ha come scopo la prevenzione e la diagnosi precoce dei DCA. Esattamente come non è questo l’obiettivo dell’art. 1 della proposta di legge, in cui effettivamente si parla di una modifica del codice penale introducendo un art. 580 bis per punire chi “istiga esplicitamente a pratiche di restrizione alimentare prolungata”. L’oggetto di questo articolo, infatti, sono quei siti pro-ana e pro-mia che, sempre più numerosi, confortano chi ha disturbi di anoressia e di bulimia nell’idea che i DCA non sono affatto problematici: sono un modo di essere, sono un ideale da perseguire, sono la strada per la salvezza. […] Le leggi hanno sempre un valore simbolico. E nonostante le tue critiche mi stiano facendo riflettere sul modo migliore per modificare questa proposta di legge, resto dell’idea che si debba trovare una soluzione di fronte ai siti pro-ana e pro-mia che, facendo l’apologia dell’anoressia e della bulimia, rischiano di intrappolare per sempre chi cerca solo di dire tutta la sofferenza che si porta dentro.»

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