IF2014: città, mobilità e spazi del futuro

All'Internet Festival 2014 si è parlato anche di smart city, di nuove tecnologie e di come l'innovazione può migliorare il quotidiano delle persone.
All'Internet Festival 2014 si è parlato anche di smart city, di nuove tecnologie e di come l'innovazione può migliorare il quotidiano delle persone.

Il progetto SENSEable City Lab del MIT di Boston è stato al centro di uno degli incontri più interessanti dell’Internet Festival 2014. Il concetto della Smart City, infatti, è il punto di incontro tra economia, ingegneria e sociologia, laddove le esigenze dell’uomo diventano necessità, l’economia predispone un canovaccio sempre più complesso e l’ingegneria ha sempre più armi per fornire risposte nuove.

Il team messo in campo da IF2014 è stato di altissimo spessore: Derrick De Kerckhove, anzitutto, al quale è stata affidata una analisi dettagliata dello spazio che le persone occupano nella città (tanto in una dimensione reale, quanto nell’alveo di una dimensione virtuale); Gabriele Chiesa, responsabile ICT di ENI, dal quale sono giunte le risposte che l’azienda sta sviluppando a partire dal progetto delle stazioni di servizio intelligenti; Paolo Santi, responsabile del progetto SENSEable City Lab in collegamento streaming da Boston; Domenico Laforenza, in qualità di responsabile del CNR; Marco Magrini, a unire i puntini tra le diverse sensibilità ed esperienze in campo.

Città di oggi, città di domani

Il 2% della superficie mondiale è coperta da città, ma su questa piccola porzione di mondo si concentra ben il 50% dell’intera popolazione.

Tutti i problemi nascono da questo profondo disequilibrio e vari studi indicano la possibilità per cui la situazione sia destinata ad aggravarsi ulteriormente nei prossimi decenni. Occorre pertanto reagire distribuendo intelligenza nel modo di sviluppare e progettare le città, così che ogni aspetto possa migliorare il rapporto tra il territorio e l’uomo, nonché tra le persone stesse. Semafori intelligenti, strade intelligenti, case intelligenti e molto altro, all’insegna di quell’idea di Smart City che da tempo impegna studiosi di tutto il mondo.

Uno sforzo necessario, quindi, ma soprattutto uno sforzo possibile: la tecnologia sta correndo molto e l’idea stessa di città intelligente sta entrando nella cultura di quanti nei prossimi anni saranno addentro ai processi decisionali che porteranno ad intervenire strategicamente al fine di rendere le città più a misura d’uomo e l’uomo più a proprio agio nella “giungla” cittadina.

De Kerckhove: occupiamo spazi virtuali

Derrick De Kerckhove ha voluto focalizzare il problema ricordando come le persone oggigiorno occupano anzitutto spazi virtuali, i cui contorni sono definiti da “big data” entro cui prendono corpo amicizie, connessioni, comunicazioni, scambi, affetti, progetti, documenti e molto altro ancora. L’analisi di questi dati può dunque dire molto tanto sugli individui, quanto su una intera collettività, consentendo così di avere uno studio analitico migliore e dati più affidabili sui quali costruire progetti.

«L’uomo ha oggi un rapporto più intimo con la tecnologia» e ciò presto renderà evidente il fatto che anche il concetto di privacy andrà a sfumare con sempre maggior intensità (in quanto semplice residuato dell’era in cui la conoscenza era formattata sull’impronta della cultura scritta). Per l’Italia c’è però una opportunità aggiuntiva: secondo De Kerckhove, città come Pisa (con i loro vicoli piccoli e stretti, contrari alle logiche della mobilità urbana in auto) costringono l’uomo a rimanere in una dimensione molto più vicina a quella naturale: il tempo e lo spazio aderiscono meglio alla realtà, ripristinando un equilibrio che si fa benessere. Le tecnologie per le Smart City non dovranno dunque violentare questa dimensione ma, anzi, dovranno esaltarla e ripristinarne la più completa naturalezza, poiché l’identità delle città storiche può trasformarsi in un valore sempre più importante a mano a mano che la dimensione virtuale della persona prende il sopravvento su quella reale.

ENI: da distributore a hub

La presentazione dell’ing. Gabriele Chiesa, responsabile ICT del gruppo ENI, è stata, per chiunque segua Webnews, una sorta di update: quello che era il progetto della stazione di servizio del futuro, infatti, ha vissuto un aggiornamento verso un nuovo modo di intendere lo spazio, il suo significato e il suo ruolo in un ridisegnato contesto. L’area dell’approvvigionamento carburante, infatti, diventa anche un’area per l’e-commerce, oppure un’area per lo smistamento tra mobilità estraurbana e mobilità urbana, oppure ancora un punto di arrivo per l’auto privata al fine di accedere alla rete del car sharing (quale potrebbe essere Enjoy).

Il progetto ENI evolve quindi nella direzione indicata da De Kerckhove: una maggior consapevolezza del dovere degli spazi, una ferma assunzione di responsabilità da parte di chi ha in dote una rete fitta e capillare come quella delle stazioni di servizio. ENI intende dunque cercare per le proprie aree un ruolo e un significato nuovi, reinventando la stazione di servizio così come già ENI fece molti decenni prima introducendo servizi di assistenza e ristorazione laddove gli altri fornivano soltanto carburante.

SENSEable City Lab

Si parte da un semplice presupposto: le auto private sono usate per circa il 10% del loro potenziale in termini di tempo e spesso da 1 solo conducente nonostante una capienza ben maggiore. La cosa è sì un problema fondamentale, ma al tempo stesso anche una potenzialità: rendere più efficiente la mobilità potrebbe infatti regalare alle città ed alle persone tempi e spazi nuovi, migliorando l’esperienza di vita quotidiana grazie a semplici soluzioni intelligenti che consentano di condividere le risorse.

Allestimento SENSEable City Lab

Allestimento SENSEable City Lab presso il CNR di Pisa

La sharing economy nasce da qui: condivisione come ricchezza, tecnologia come virtù. Ormai è conclamato come i Big Data siano la materia prima del futuro (e su questo l’intero Internet Festival ha costruito la propria traccia per l’edizione 2014), quindi il MIT ha voluto utilizzarli per elaborare, sviluppare e dare origine a un nuovo tipo di dimensione “smart” delle città. La collaborazione tra il MIT e il CNR (immediatamente appoggiata dal CNR per azione del dott. Laforenza) ha creato un ponte esperienziale tra i due team, consentendo anche in questo caso di condividere nozioni e risultati per giungere in tempi più rapidi a nuove soluzioni al servizio di tutti.

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