Banda larga, serve un piano strategico nazionale

AGCOM ed Antitrust presentano l'indagine congiunta sullo stato della banda larga in Italia auspicando la nascita di un piano strategico nazionale
AGCOM ed Antitrust presentano l'indagine congiunta sullo stato della banda larga in Italia auspicando la nascita di un piano strategico nazionale

Le reti in fibra ottica sono un’esigenza prioritaria, è inoltre necessario proseguire con la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e per quanto riguarda gli investimenti in questo settore è necessario considerare il ruolo dei privati anche in forme di joint venture. Questi sono, in sintesi, i risultati di un’indagine congiunta AntitrustAgcom sulla banda larga italiana. Serve dunque un Piano strategico nazionale per lo sviluppo delle reti di nuova generazione che possa coordinare e spingere la digitalizzazione del Paese.

Antitrust ed AGCOM sottolineano infatti come la realizzazione delle reti a banda larga è essenziale per realizzare gli obiettivi dell’Agenda Digitale Europea e per fornire una spinta alla crescita dell’economia. Ma mentre in alcune aree del Paese si assiste a una dinamica concorrenziale da parte degli operatori privati sotto lo stimolo della regolamentazione, in altre si registra una sostanziale assenza di investimenti infrastrutturali. Ecco dunque la necessità di creare presto e bene un Piano strategico nazionale anche con la previsione di politiche pubbliche a sostegno degli investimenti; occorre ancora accelerare la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e, più in generale, promuovere interventi pubblici a sostegno della domanda e dell’offerta di servizi a banda ultra-larga; infine, vanno sostenute forme di joint-venture tra operatori privati finalizzate ad accelerare gli investimenti nelle reti di nuova generazione.

La realizzazione delle reti di nuova generazione deve essere riconosciuta come un’esigenza prioritaria per la competitività dell’intero sistema economico e per la crescita, meritevole di un intervento di politica pubblica, in quanto le sole forze di mercato non portano al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda Digitale Europea. I motivi sono noti. Per un verso, l’Italia non è caratterizzata da una diffusa cultura digitale e sono poche le famiglie (e le imprese) connesse ad Internet, come pure risulta modesto l’utilizzo dei servizi digitali on-line. Per altro verso, gli investimenti delle imprese private sono insufficienti a garantire lo sviluppo diffuso delle reti di nuova generazione. Ciò in quanto si tratta di investimenti che comportano significativi costi irrecuperabili, mentre i connessi ricavi incrementali attesi dagli operatori appaiono altamente incerti. Ed è proprio tale incertezza, peraltro in un contesto di progressiva riduzione di ricavi e margini nell’industria delle TLC, che costituisce probabilmente il principale fattore di rischio che incide sugli (insufficienti) investimenti nelle nuove infrastrutture.

Le proposte di AGCOM ed Antitrust per la banda larga italiana

Tuttavia, per programmare gli investimenti, sarebbe riduttivo considerare solo l’attuale domanda di servizi a banda ultra-larga, senza valutare che, nei prossimi anni, la domanda di banda crescerà considerevolmente, sia con riguardo agli utilizzi delle famiglie (video on-line, ad esempio), sia con riguardo alle esigenze della Pubblica Amministrazione e delle imprese private (cloud computing, ad esempio). Appare fondamentale la definizione di un Piano strategico nazionale per lo sviluppo delle infrastrutture che individui in maniera organica le aree di intervento, semplifichi le relazioni tra i diversi decisori coinvolti e svolga una pianificazione degli interventi sulle infrastrutture, proseguendo nel contempo con l’accelerazione della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione. Ciò al fine di ridurre le incertezze che possono gravare sulle scelte di investimento degli operatori privati, rallentando lo sviluppo delle infrastrutture.

In questo contesto, assume un rilievo significativo anche la politica di sostegno della domanda, come sovvenzioni, benefici fiscali per le famiglie e/o imprese che vogliano dotarsi di una connettività a banda ultra-larga. Dal lato dell’offerta, occorre garantire che gli enti locali contribuiscano attivamente all’obiettivo di digitalizzazione attraverso i necessari interventi di semplificazione amministrativa che, coerentemente con le iniziative promosse a livello legislativo, consentano di ridurre i tempi e i costi per la posa delle infrastrutture in fibra ottica. Vi è, inoltre, un evidente spazio per l’intervento pubblico diretto nelle aree del Paese che non risultano coperte dai piani di investimento privati. L’investimento pubblico deve però chiaramente coniugarsi con modalità di selezione degli operatori e scelte architetturali idonee a garantire una effettiva concorrenza.

Il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda Digitale Europea può richiedere un differente insieme di politiche pubbliche che possono riguardare anche aree nelle quali gli operatori privati hanno già definito piani di investimento. In queste circostanze, è evidente che, tanto più la politica pubblica assume un ruolo di guida del processo innovativo del settore, tanto più occorre tenere presente i rischi per il funzionamento dei mercati e per il processo concorrenziale, sia nella sua declinazione statica che dinamica.

Tra gli scenari ipotizzati da AGCOM ed Antitrust, quello in cui si sviluppano forme di co-investimento tra una pluralità di operatori, eventualmente anche attraverso la costituzione di joint venture, sarebbe da considerarsi come soluzione di second best dal punto di vista concorrenziale, ma con il merito di accelerare i processi di investimento nelle reti di nuova generazione. Infatti, la realizzazione di un assetto di mercato caratterizzato dall’esistenza di un operatore di rete “puro”, non verticalmente integrato nella fornitura di servizi agli utenti finali, costituisce evidentemente lo scenario “ideale” sotto il profilo concorrenziale e più “lineare” dal punto di vista della regolamentazione; tuttavia, si tratta di uno scenario di assai difficile realizzazione concreta. Inoltre, un eventuale scenario alternativo, in cui la struttura di mercato venisse a riorganizzarsi solo sulla figura dell’operatore dominante verticalmente integrato, implicherebbe, al contrario, uno scrutinio particolarmente attento sia sotto il profilo antitrust, sia in relazione alla sua disciplina regolamentare.

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