Un protocollo per l'eredità digitale

I dati personali, gli archivi, i profili social: cosa spetta agli eredi, e chi se ne occupa? Si lavora a una intesa fra aziende e studi legali.
I dati personali, gli archivi, i profili social: cosa spetta agli eredi, e chi se ne occupa? Si lavora a una intesa fra aziende e studi legali.

Dati personali, archivi su cloud, investimenti gestiti online, blog, profili social non hanno soltanto un valore emotivo, ma anche economico. Questo è il pressuposto ormai assodato che ha convinto oggi il Consiglio nazionale del Notariato a farsi promotore, insieme al prof. Oreste Pollicino, di una tavola rotonda che ha l’ambizione di creare il primo protocollo d’intesa sulla eredità digitale. Nell’era della Rete bisogna anche seriamente pensare al “dopo”.

Se ne è discusso a Milano in occasione del convegno: “Identità ed eredità digitali. Stato dell’arte e possibili soluzioni al servizio del cittadino” organizzato dal Center on International Markets, Money and Regulation dell’Università Bocconi e il Notariato, al quale hanno partecipato, tra gli altri, Stefano Rodotà, coordinatore della commissione per la stesura del Bill of rights di Internet, Tom Smedinghoff, chair dell’American Bar Association Identity Management Legal Task Force, Bianca Del Genio, Direttore della Divisione Affari Legali e Istituzionali di Microsoft Italia, Carmelo Fontana, suo omologo a Google. La domanda principe, e piuttosto complicata, è la seguente: chi è erede di chi, e che cosa, in Rete?

Il tavolo di lavoro e i suoi obiettivi

Il Notariato italiano si è interessato al problema dell’eredità digitale già 2007 con la pubblicazione di uno studio per definire un quadro operativo sul tema e di un manifesto. Dall’altra parte i grandi operatori della rete stanno progressivamente sviluppando un radicamento più netto nei singoli Paesi ove si trova la loro utenza, questo comporta che se è tanto importante l’uniformità del trattamento e della tutela dell’identità digitale lo è anche la sua ereditarietà.


Il primo frutto dell’incontro è la costituzione di un tavolo al quale già hanno aderito Google, Microsoft, la Bocconi e lo Studio legale Portolano Cavallo, che si propone di studiare in maniera congiunta soluzioni a due temi:

  • Identità digitale. In rete, l’identità è un concetto flessibile, talvolta però risulta desiderabile (per ragioni, in senso ampio, di accountability) che determinate operazioni siano legate ad un’identità fisica accertata con sicurezza. Tra le diverse iniziative è allo studio una campagna di sensibilizzazione nei confronti dei cittadini sull’uso corretto e consapevole dei propri account e delle informazioni ivi custodite. L’argomento è affrontato anche dall’ottavo articolo della Dichiarazione di Internet.
  • Eredità digitale. In questi tempi diventa necessario definire la sorte dei propri beni virtuali, considerato che spesso i servizi di gestione dei dati online non sono basati in Italia e seguono quindi la legislazione straniera. Far valere presso un operatore degli states le regole di una successione italiana non è esercizio agevole. Il tavolo quindi si propone di sviluppare un protocollo che agevoli gli eredi di un utente scomparso nei rapporti con l’operatore, al fine di facilitare l’accesso alle risorse online del defunto. I notai si candidano a fare da trait-d’union tra il cittadino e gli operatori, facendo pervenire a questi ultimi le informazioni necessarie secondo una procedura telematica concordata, in modo da ridurre per quanto possibile costi e tempi d’attesa. La soluzione italiana potrebbe rappresentare, secondo gli ideatori, un caso pilota a livello europeo.
Oggi a Milano un incontro sulla eredità nell'era digitale, promosso dal Consiglio nazionale del notariato, ha visto l'ntervento anche di Stefano Rodotà. La possibile soluzione non è una nuova legge, ma una prass operativa, un protocollo tra aziende e cittadini nel rispetto e nella tutale dell'identità digitale.

Oggi a Milano l’incontro sulla eredità digitale, promosso dal Consiglio nazionale del notariato, ha visto l’ntervento anche di Stefano Rodotà. La possibile soluzione emersa dal dibattito non è una nuova legge, ma una prassi operativa, un protocollo tra aziende e studi legali nel rispetto e nella tutela dell’identità digitale. Aziende come Google e Microsoft sono pronte a entrare in gioco, consapevoli dell’implicazione per molti cittadini. Anzi, praticamente tutti.

Qualche numero

L’argomento è così originale che non esistono neppure statistiche affidabili a livello nazionale. Secondo un sondaggio a cura di McAfee del luglio 2014, a livello globale il valore dei beni virtuali memorizzati sui dispositivi digitali è pari a 35 mila dollari. In cima alla classifica ci sono i ricordi personali, foto e video con un valore di 17.065 dollari; seguono le informazioni personali (sanitarie, finanziarie, ecc.) con un valore di 6.400 dollari, le informazioni di natura professionale con un valore di 4.381 dollari, le informazioni relative ai progetti e hobby con un valore di 3.318 dollari, le comunicazioni personali con 2.147 dollari e infine file ludici/di intrattenimento con un valore di 1.721 dollari. A ciò va aggiunto che il 72% degli utenti è a rischio furto di identità o di frodi online, il 55%, inoltre, memorizza contenuti digitali su dispositivi che sono impossibili da ricreare o riacquistare, e il 31% è a rischio furto o perdita del dispositivo.

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