Un becco stampato in 3D per un tucano ferito

In Costa Rica il becco spezzato di un tucano sarà sostituito da una protesi creata con le stampanti 3D: la storia di Grecia, giovane esemplare maschio.
In Costa Rica il becco spezzato di un tucano sarà sostituito da una protesi creata con le stampanti 3D: la storia di Grecia, giovane esemplare maschio.

Su queste pagine si è parlato più volte di come la tecnologia legata alle stampanti 3D possa essere impiegata nella realizzazione di protesi, ma mai per gli animali. È quanto avverrà in Costa Rica, per riparare il becco di un tucano rotto da alcuni incoscienti ragazzini. Una vicenda che nel paese ha suscitato forte indignazione e solidarietà nei confronti dell’uccello, tanto che diverse associazioni e aziende locali stanno sostenendo (anche economicamente) il progetto.

L’esemplare, un maschio ancora giovane, è stato portato in un centro di recupero nel mese di gennaio in condizioni piuttosto gravi. Il becco spezzato (le immagini, che per alcuni potrebbero risultare forti, sono visibili sulle pagine del sito BBC accessibile con il link a fondo articolo) rappresenta un problema non solo per l’alimentazione autonoma, ma anche per il fatto che questa particolare razza di volatili utilizza il suo caratteristico uncino colorato per regolare la temperatura corporea. I veterinari che l’hanno preso in cura, chiamandolo Grecia come la zona in cui è stato trovato, ne stanno seguendo la convalescenza giorno dopo giorno.

La ferita guarisce, ma il becco non ricrescerà mai. Ecco dunque entrare in gioco le stampanti 3D. Quattro realtà locali (Elementos 3d, Ewa!corps, Publicidad Web e Grupo Sommerus) sono già impegnate nell’intento di progettare e realizzarne uno in materiale polimerico, abbastanza resistente da poter garantire una buona qualità di vita all’animale. La protesi sarà costituita da due parti: una agganciata al moncherino rimasto, fissa, ancorata con delle viti, l’altra da poter sostituire man mano che il tucano crescerà.

Rimedi di questo tipo sono già stati sperimentati in passato negli Stati Uniti, su un’aquila e un pinguino, con risultati incoraggianti. L’incognita principale rimane comunque legata a come l’uccello reagirà al corpo estraneo, se lo accetterà come proprio imparando nel tempo ad utilizzarlo oppure se soffrirà quella che potrebbe a tutti gli effetti essere definita come una sorta di sindrome da rigetto.

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