Ecommerce opportunità per l'Italia

Alla Camera un convegno sul commercio elettronico come opportunità di sviluppo per l’economia italiana. Un ebook per dimostrarlo.
Alla Camera un convegno sul commercio elettronico come opportunità di sviluppo per l’economia italiana. Un ebook per dimostrarlo.

L’ecommerce come motore di sviluppo per il paese. Si è parlato di questo al convegno organizzato dall’Intergruppo per l’innovazione presso la Sala Aldo Moro di Montecitorio, che ha ospitato il presidente di Netcomm, Roberto Liscia, per affrontare l’argomento da cinque punti di vista: il contesto internazionale, rischi e opportunutà, evoluzione dell’ecommerce in Italia, le eccellenze, il ruolo degli operatori e quello delle istituzioni.

Il primo evento del 2015 pensato dall’Intergruppo, rappresentato al convegno da Antonio Palmieri, nasce dall’occasione della presentazione di un dettagliato libro bianco sul commercio elettronico (disponibile in ebook) che contiene analisi e suggerimenti anche normativi su questo importante ma ancora poco sviluppato comparto. Già, perché nonostante se ne parli ormai da anni e il Consorzio Netcomm abbia certamente lavorato indefesso, l’ecommerce italiano non riesce a stare al passo e attualmente solo il 4% delle imprese fa commercio elettronico.

Quanti vincoli e problemi

Mentre molte persone seguivano il livetweeting #eComm4Italy all’interno della sala discutevano alcuni fra i più grandi player del settore insieme alle istituzioni. Per sfruttare l’opportunità del potenziale Made in Italy bisogna semplificare le norme fiscali, legislative e in tema di pagamenti elettronici, come segnalato nel documento presentato non a caso alla Camera dei deputati.

Roberto Liscia l’ha detto nella sua introduzione al convegno, riportando le parole dell’executive summary che sintetizza anche nelle sue slide:

Da anni diamo conto dei numeri che caratterizzano questo settore economico, il cui andamento in termini di fatturato complessivo cresce a doppia cifra (intorno al +20% all’anno negli ultimi 6 anni) ed è stimato oltre i 13 miliardi di euro per il 2014, congiuntamente all’impennata del numero di acquirenti online italiani che sono passati in tre anni da 9 a 16 milioni. Stiamo finalmente assistendo a un interesse del Made in Italy e della grande distribuzione, che si sono rese conto delle grandi opportunità che il digitale può offrire. Il ritardo, malgrado i fattori positivi che stiamo osservando, però, rimane; l’Italia è ultima in quasi tutte le classifiche su tutti i fattori che condizionano lo sviluppo. I fattori chiave sono condizionabili solo da interventi del governo e dell’Europa per un piano d’azione sull’ecommerce, con direttive sui consumatori, sui metodi di pagamento.

Lo scenario globale del commercio elettronico. vede l'Italia fortemente arretrata, ma allo stesso tempo potenzialmente in grado di sfruttare i  mercati di paesi come Cina e Usa.

Lo scenario globale del commercio elettronico vede l’Italia fortemente arretrata, ma allo stesso tempo potenzialmente in grado di sfruttare i mercati di paesi come Cina e Usa.

Google, Amazon, eBay

Si parla molto di contesto internazionale nel libro e i grandi nomi non mancavano neppure a Roma (qui il (video). Sul ruolo dei cosiddetti OTT si sono confrontati Martin Angioni, presidente di Amazon Italia, Paolo Penati, CFO di QVC Italia, Claudio Raimondi, country manager di eBay Italia e Fabio Vaccarono, anche lui manager di Google in Italia. Moderati dallo stesso Liscia, hanno espresso il loro punto di vista. E per quanto siano aziende molto differenti tra loro, si è notato un filo rosso: l’attenzione al commercio elettronico come strumento di ripresa per le imprese italiane di dimensioni assai più piccole.

Angioni ha ricordato la crescita del 52% della piattaforma marketplace di Amazon, Raimondi ha sottolineato come attraverso eBay i venditori italiani hanno esportato in 176 Paesi nel mondo.

Oltre il 90% dei venditori professionali su eBay esporta i propri prodotti, contro una media di meno del 25% delle piccole e medie imprese tradizionali. Le piattaforme online, dunque, rendono possibile il commercio transfrontaliero anche per le più piccole imprese.

Vaccarono ha parlato invece del progetto Google – Made in Italy, che cerca di rompere l’inerzia del sistema, mentre per Penati anche l’interazione web-tv può dare impulso all’ecommerce.

Alessandro Perego del Politecnico di Milano, ha riassunto la questione con la formula del B2b2c, cioè la forma particolarmente intermediata dell’export italiano:

Fare export attraverso l’eCommerce per le aziende italiane significa essere capaci di entrare nella rete di questi attori. Ritengo che incentivi indirizzati alla realizzazione di siti di eCommerce proprietari oppure investimenti volti a creare velleitari portali sconnessi dai mercati reali siano percorsi votati al fallimento, allo sperpero di risorse pubbliche.

In altri termini, bisogna puntare su retailer e piattaforme leader di mercato nei diversi paesi, trovare un modello di export (canali online, soluzioni logistiche, strategie di comunicazione e strumenti di pagamento) sui mercati e canali di eCommerce nei Paesi con le potenzialità più alte (ad esempio Cina e USA) e attendere lo sviluppo di fornitori di servizi capaci di supportare le imprese italiane nell’attuare le strategie e i modelli. Niente avventurismi, in un paese che ha già decine di portali turistico-commerciali, anche istituzionali, che hanno registrato un totale fallimento.

Le proposte

Il convegno è stata l’occasione di consegnare una serie di proposte, circostanziate, su come promuovere l’ecommerce italiano. Sono divise in due categorie: fisco e leggi. Impossibile elencarle tutte, tra le più interessanti:

  • Lavorare all’EU VAT estendendo il sistema MOSS per correggere le discrepanze tra ecommerce diretto e indiretto;
  • Semplificare e armonizzare il sistema europeo IVA-accise;
  • Uniformare le discipline italiane sugli operatori economici e sulle compilazioni (Intrastat, fatturazione);
  • Rivedere le norme sui pagamenti elettronici cercando metodologie multiple.

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