L'Italia si pronuncia sul digital single market

Il governo ha trasmesso a Bruxelles la sua posizione ufficiale sul mercato digitale unico. Ottimo su open Internet, un po' carente sul copyright.
Il governo ha trasmesso a Bruxelles la sua posizione ufficiale sul mercato digitale unico. Ottimo su open Internet, un po' carente sul copyright.

Il Governo ha trasmesso alla Commissione Europea la posizione italiana a sostegno dello sviluppo del mercato unico digitale europeo. Si tratta della riforma che fa capo alla DG Connect, il direttorato generale sulle comunicazioni e la tecnologia retto dal vice presidente della Commissione europea, Andrus Ansip, e dal membro della Commissione europea responsabile per il mercato unico digitale, Günther Oettinger. Il documento italiano è dunque la posizione ufficiale dell’Italia su questo pezzo dell’agenda digitale europea.

Già da qualche tempo si attendeva il documento, finalmente pubblicato sul sito dell’Agid. Ora l’Italia esprime in un documento di 6 pagine, suddiviso in 7 capitoli, la sua posizione ufficiale e dà il suo contributo di pensiero e di azione, dove cita il suo piano ultrabroadband, la riforma della scuola con l’ora di codice, dice la sua sugli IOT, la privacy, le regole Icann, il copyright. Un testo denso di spunti, avanzato, molto chiaro, che aiuta a capire quale ruolo intende giocare il Belpaese nel consesso europeo.

I punti salienti

Il documento inizia citando la “Dichiarazione di Venezia”, lanciata lo scorso luglio all’evento Digital Venice, dove già si immaginava un mercato digitale unico e semplificato nel quale beni e servizi possono circolare liberamente e dove le regole in materia di operazioni, pagamenti, diritto d’autore, tassazione, siano chiare e poco costose. Questi i punti affrontati nelle pagine inviate alla commissione:

  • Investimenti e fisco. Il governo suggerisce di sviluppare il commercio elettronico armonizzando il quadro normativo per la costituzione e la registrazione online delle imprese, anche transfrontaliera; inoltre, sostiene l’armonizzazione dell’Iva sui prodotti digitali (ebook compresi) e riporta in pieno lo spunto del libro bianco sull’ecommerce, invitando la commissione a creare una piattaforma armonizzata per il pagamento dell’IVA che incentivi l’ingresso sul mercato delle Pmi.
  • Connettività. L’Italia ovviamente intende rispettare gli obiettivi di agenda 2020 sulla banda larga, che ritiene addirittura minimi. Secondo il governo, l’Europa deve maturare una posizione comune e chiara anche sulla neutralità della rete che non crei barriere all’entrata per le imprese innovative. Critica anche al roaming, sul quale si spera si arrivi a una soluzione «in tempi ragionevoli».
  • Sicurezza della Rete. L’Italia sembra disposta ad appoggiare da subito la direttiva Network and Information Security (NIS) e auspica il proseguimento delle trattative di cambiamento dell’ICANN per guidare, da europei, i processi di assegnazione. Ma c’è di più, il governo crede che a garanzia dei consumatori sia desiderabile che l’Unione sviluppi un sistema privacy by default, ad esempio attraverso «l’identità digitale, il marchio digitale e l’informazione preventiva di tutti gli operatori».
  • Diritto d’autore. Per il governo è questione di bilanciamento tra accesso alla conoscenza e diritti degli autori delle opere d’ingegno. Qui la posizione italiana si fa più rigida e punta a soluzioni contrattuali non negando anzi ribadendo il value gap del settore musicale rispetto ai nuovi modelli di business e premendo per un rinnovato impegno sull’enforcement.
  • Startup. Per l’Italia va aumentato il livello di investimenti nelle imprese innovative. Un capitolo molto avanzato, questo, dove si intuisce la mano di Stefano Firpo e sono ripetuti i medesimi concetti che va dicendo da qualche tempo: integrazione fra imprese consolidate e startup ad alto contenuto di innovazione per sviluppare un modello di open innovation molto flessibile e funzionale al modello di «manifattura digitale».
  • Competenze. Un altro pallino di Agid e in generale dell’agenda digitale italana: le e-skills. Inutile preoccuparsi solo della diffusione digitale quando c’è un grande problema di alfabetizzazione. Il documento spinge la commissione a fare di più per la formazione dei cittadini, dai programmi di coding fino ai corsi post-laurea.
  • Egovernment. L’Italia punta molto alla sua riforma della Pubblica amministrazione in senso digitale e open. Lo dimostrano la fatturazione elettronica, il prossimo “Italia login” (una piattaforma con la quale ogni cittadino può usare una identità digitale per connettersi con le pa e usare i suoi servizi, con la stessa semplicità dei pulsanti di login di un social network che si trovano sui siti web). Il documento cita il suo piano di “Strategia per la crescita digitale 2014-2020”.

Di tutti questi capitoli, lascia un po’ l’amaro in bocca quello sul diritto d’autore. Considerando la via proposta dalla riforma di Julia Reda, sembra davvero che la posizione italiana insegua maggiormente quella della commissione, basta confrontarle con le parole di Ansip, ma soprattutto sia timida di suo. L’avvocato Fulvio Sarzana, da sempre impegnato su questo fronte, si dice un po’ deluso:

Sul copyright il documento cambia faccia, sembra scritto da una mano diversa rispetto a quella che ha redatto tutti i precedenti capitoli. Nessuna concreta modifica della disciplina del copyright per venire incontro alle esigenze del digitale, ma anzi la volontà di risolvere le problematiche di modernizzazione solo in via contrattuale, consentendo cosi di fatto alle grandi multinazionali del settore di detenere il potere sulla circolazione. Niente pubblico dominio, niente eccezioni relative alle biblioteche, alla cultura, alla disabilità. Rifiuto di qualsiasi obbligatorietà delle eccezioni.
La parte più critica dell’intero documento riguarda però le responsabilità degli intermediari della Rete. Il Governo Italiano suggerisce di rivedere (in peggio) la responsabilità di tutti i soggetti della Rete, partendo dai provider, passando per i social network, agli aggregatori, anzi il Governo stesso ritiene necessario che le stesse modifiche alla disciplina del diritto d’autore debbano essere lette alla luce delle norme sul commercio elettronico e della direttiva enforcement.

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