Bando Agid: chi ci sta e chi no

A otto mesi dalle loro candidature, alcuni ci riprovano, altri ci pensano, altri no; il problema è come funziona l'Agid, non solo sostituire la Poggiani.
A otto mesi dalle loro candidature, alcuni ci riprovano, altri ci pensano, altri no; il problema è come funziona l'Agid, non solo sostituire la Poggiani.

Il bando aperto dal ministero della Funzione Pubblica per dotare il prima possibile l’Agid di un nuovo direttore ripete dopo soli otto mesi la stessa storia, persino con le stesse identiche parole. L’Agid, però, non è più lo stesso oggetto misterioso di un anno fa e chi si candidò all’epoca (e avrebbe gli stessi numeri per riprovarci) ha idee molto diverse. C’è chi si ricandiderà, chi per ora scrive cosa si dovrebbe fare, chi ci sta pensando e chi invece non ci pensa proprio. Alla base dei diversi atteggiamenti, una sola certezza: allo stato attuale, il direttore sembra una vittima predestinata.

Nell’ultima settimana si è davvero letto di tutto a proposito delle dimissioni di Alessandra Poggiani: tra critiche velate, urrà dei nemici giurati, espressioni di solidarietà delle persone che avevano sponsorizzato questo incarico – coinvolti in qualche caso anche nella stessa azione sull’agenda digitale – si è tornati esattamente al punto di prima, quando nella primavera del 2014 si sprecavano suggerimenti e lezioni sulle testate e sui social. Al di là però delle tante parole, ci sono persone che si candideranno (probabilmente i più l’hanno già fatto) e dopo il 13 aprile si scoprirà chi e con quali progetti allegati. Altre non lo faranno. Per quale ragione?

AgID, i candidati dell’anno scorso

Un giro veloce tra i nomi più familiari nell’ambiente porta subito a una conclusione: le dimissioni della Poggiani hanno frastagliato un’area prima compatta. Tra coloro che non si ricandideranno di certo, Pierantonio Macola e Michele Vianello, per motivi molto diversi. Quasi opposti. Il primo, inventore di SMAU, spiega così la sua candidatura l’anno scorso:

La mia candidatura era funzionale al progetto che avevo presentato, cioè saldare l’agenda digitale con le piccole e medie imprese; volevo evidenziare un ecosistema che si candidava a dare una mano alle pa, col suo portato di innovazione, di voglia di lavorare. Un progetto di collegamento che credo sia stato accolto, almeno in parte, quindi il segno simbolico di quella candidatura, che ha portato alla Funzione Pubblica il mio progetto, oggi non avrebbe più senso. Resta la disponibilità del mondo che rappresento, da subito, col nuovo direttore che verrà.

Michele Vianello, ex direttore di Vega, grande esperto di smart city (e veneto come Macola e la Poggiani) è sempre stato una voce fuori dal coro rispetto alla visione centralista delle funzioni dell’Agid. Ha già dichiarato pubblicamente che non si ricandiderà, non credendo neppure all’utilità di questa agenzia:

Ho maturato la convinzione che Agid sia un pezzo dell’apparato burocratico dello Stato. L’apparato come noto non innova nulla, figurarsi presiedere l’innovazione digitale.

Vianello però non si è limitato a questo sfogo, ma ha scritto alcune considerazioni su Agid che riassumono un punto di vista lontanissimo dall’attuale strategia. Il “nomad worker” (come ama definirsi) prende di petto le parole d’ordine degli ultimi tempi – fatturazione elettronica, spid, digital champions – negando che siano una politica industriale per il digitale, suggerendone altre sostanzialmente regionalistiche e più vicine all’iniziativa privata.
Le conclusioni sono sferzanti:

Renzi non riesce ad esprimere una politica finalizzata ad affermare Internet (meglio il digitale) in Italia. (…) La digitalizzazione dell’Italia non si farà mai attraverso politiche dirigistiche e centralistiche. I fallimenti sono di fronte agli occhi di tutti noi.

Non mancano neppure i sì, corredati da alcuni suggerimenti. Nello Iacono, vicepresidente degli Stati Generali dell’Innovazione, si ricandiderà e alcuni suoi articoli recenti sono già un programma per l’Agid. Probabile che si ricandidi anche l’avvocato Massimo Melica, che ha anche immaginato una telefonata del premier italiano per spiegare le sue posizioni, focalizzate soprattutto sulla governance interna. L’idea della candidatura sollecita però anche dei timori:

Da una parte sono spinto dalla ventennale passione per lo sviluppo del digitale nel nostro Paese: pct, pec, firma digitale, egov, sanità elettronica, sono i temi di cui mi sono occupato; dall’altra ho una istintiva precauzione, la stessa che si prova prima di fare un salto nel vuoto. Non è paura ma spirito di sopravvivenza. Nei prossimi giorni valuterò, ma mi piacerebbe che la Ministra Madia desse la possibilità di ascoltare i candidati, guardarli negli occhi, senza fidarsi di altri. Le recenti vicende non le definisco esaltanti.

Tanti altri nomi, dai validi curricula, potrebbero ricandidarsi, tra i quali alcuni funzionari dell’Agid, come Maria Pia Giovannini, responsabile area Regole, Standard e Progetti Innovativi, e Francesco Tortorelli, dirigente dell’ufficio Interoperabilità, ma anche consulenti, ex funzionari delle varie cabine di regia precedenti. Teoricamente ci sarebbe spazio anche per i parlamentari come Stefano Quintarelli, un peso massimo, che tuttavia dovrebbe mettere in conto di dimettersi per poter fare il direttore generale. Il deputato ha di recente sferrato un paio di knock-out fuori dall’ordinario con l’inserimento del coordinamento informatico all’articolo 117 della costituzione e la cancellazione dello spyware di Stato dalla legge antiterrorismo, e se non c’è dubbio che conosce la macchina, essendo a capo del comitato di indirizzo, è dura rinunciare a un’attività politica così apprezzata. In assenza peraltro di un preciso impegno del governo – almeno ad oggi – su un eventuale ed auspicabile cambio di marcia della governance. L’orientamento di Quintarelli attualmente sembra essere per la non-candidatura.

La lettera dei sindacati

Nel frattempo anche i sindacati hanno detto la loro e proprio su questo argomento. Una lettera delle sigle FP CGIL, FALBI e RSU (la Cisl non ha sottoscritto) ha replicato alle critiche della direttrice uscente, che ha chiamato in causa l’ostruzionismo del sindacato tra i fattori negativi della sua esperienza. Le parole dei sindacati della Funzione Pubblica verso la manager sono state tutt’altro che tenere, ma quel che conta è l’accenno alle norme istitutive dell’Agid. Il sindacato considera l’Agid in difetto di nascita e va detto che non sono isolati:

Riteniamo che l’Agid soffra dei problemi contenuti nella norma istitutiva del Governo Monti e del ministro Passera, che andrebbe riformata. E non possiamo che essere d’accordo con l’esigenza prioritaria di semplificare al massimo la governance dell’Agenzia e la numerosità dei tavoli tecnici e comitati (…) che presentano scarsa efficacia ai fini del perseguimento degli obiettivi strategici dell’Agenda Digitale. Auspichiamo quindi che il Governo nomini immediatamente un nuovo vertice caratterizzato da competenza, determinazione ed esperienza che rappresenti un’interfaccia credibile verso gli stakeholder pubblici e privati coinvolti nel processo d’innovazione della PA e del Paese.

La raccolta firme per la trasparenza

I radicali di PresiperilWeb hanno lanciato una petizione per spingere la ministra Madia a un metodo di selezione più verificabile e trasparente. L’appello chiede lo streaming dei colloqui e una graduatoria finale. Difficile contemplare questa richiesta con i criteri già pubblicati del bando, ma secondo i firmatari sarebbe un gesto utile per evitare di riprodurre le stesse dinamiche dell’ultima volta. Il prossimo 12 aprile, la trasmissione riprenderà dopo la pausa aprendo i microfoni a tutti i candidati che vorranno anticipare le loro motivazioni e i loro programmi, poche ore prima della chiusura del bando.

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