Una legge sul car pooling, e anche Uber

Su Uber e trasporti anche una legge per via parlamentare: ci ha pensato Ivan Catalano, che prende a prestito e allarga alcune idee ormai consolidate.
Su Uber e trasporti anche una legge per via parlamentare: ci ha pensato Ivan Catalano, che prende a prestito e allarga alcune idee ormai consolidate.

In Parlamento è stata depositata una proposta di legge che vuole regolare i servizi di trasporto con conducente non di linea e i veicoli privati tra più persone. Il car pooling, nel quale si può riconoscere indirettamente anche Uber col suo servizio UberPop (più correttamente si tratta di ride sharing) al momento interrotto dopo la sentenza del tribunale di Milano, è oggetto di un testo firmato dal deputato Ivan Catalano (ex cinquestelle passato a Scelta civica) e rappresenta la terza via possibile alla integrazione della sharing economy nei trasporti in Italia; insieme al decreto del governo o all’emendamento della legge sulla concorrenza ora in commissione, anche la proposta di legge mostra una politica che gradualmente prende coraggio sulla questione della mobilità intelligente e sostenibile. I criteri sembrano ormai assodati: liberalizzazione a patto di alcune certezze.

Con la proposta di legge di Catalano (PDF) si abroga la famosa legge 21/1992, praticamente inapplicabile e inapplicata e foriera di molteplici vuoti normativi e interpretazioni che hanno contribuito al feroce scontro tra tassisti e Uber. Al suo posto si ridisciplina la materia «prevedendo una vasta liberalizzazione del settore ed eliminando le disposizioni anacronistiche e disfunzionali e definendo i limiti e le condizioni dell’uso condiviso di veicoli privati tra più persone». Con ogni evidenza i presupposti sono gli stessi che hanno portato il collega deputato Boccadutri (PD) a ipotizzare un emendamento che riporti in vita UberPop e dia al paese uno schema aperto alla sharing economy.

Nel dispositivo di questa proposta di legge ovviamente si entra più nel dettaglio del settore, sia in quello degli NCC sia in quello del car pooling. Con alcuni semplici articoli si uniscono taxi e NCC, si accoglie il car pooling escludendone una natura professionale, vengono precisati i requisiti dei driver e si istituisce un rapporto di autorizzazione dell’Autorità dei Trasporti. Inoltre si fissano le caratteristiche di garanzia dei veicoli e viene definito il ruolo economico degli intermediari. In altre parole, non “legalizza” Uber (anche se teoricamente questo è uno degli effetti), ma fa di più: apre alla vera concorrenza nel settore per tutti gli operatori presenti e futuri.

Un percorso chiaro

Il percorso disegnato dall’authority sembra aver chiarito l’idea a molti, e i concetti espressi a suo tempo da un altro, influente politico dedito all’innovazione, Stefano Quintarelli (peraltro iscritto allo stesso partito di Catalano), hanno fatto breccia già da tempo in modo trasversale. Per Quintarelli, infatti, le piattaforme di mediazione di servizi, tutte senza distinzione, devono avere la possibilità di agire sul mercato, ma non colpevolizzarle non significa evitare di chiedere alcune garanzie soprattutto dal punto di vista dell’accesso aperto al servizio senza discriminazioni e con tariffe massime.

Per raggiungere questo obiettivo, la legge prima definisce il car pooling:

Un accordo tra privati senza scopo di lucro, con il fine di soddisfare le esigenze di trasporto di piccoli gruppi di persone e di consentire un uso collettivo ottimale dei veicoli.

Gli intermediari

Questa è la base sulla quale si innestano le garanzie successive, dai costi sostenibili ai requisiti per i conducenti, tra i quali il certificato antimafia. L’iscrizione avviene per via telematica, ipotizzando un apposito protocollo d’intesa tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell’economia e delle finanze e Ministero dell’interno, da redigere entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge.

Disposte le figure giuridiche ammesse e le sanzioni per le violazioni, la legge passa negli articoli 10 e 11 su tariffe e intermediari, il cuore della questione. In questi due articoli rientra in gioco Uber. Nella legge si intende il mercato dei servizi di trasporto come libero, quindi con tariffe disposte in autonomia e fissate massimamente dall’autorità; sugli intermediari c’è una traduzione quasi letterale dell’emendamento Boccadutri:

Gli intermediari che svolgono attività terza per la prestazione dei servizi di trasporto con conducente devono essere registrati nel ruolo dei conducenti in una sezione apposita, previa verifica del rispetto dei requisiti. (…) Gli intermediari possono addebitare un costo per il servizio da loro erogato e devono avere, anche ai fini fiscali, una stabile organizzazione in Italia.

In pratica, alle piattaforme come Uber viene chiesto di diventare sostituto d’imposta.

Pitruzzella alla Camera cita Uber

In audizione oggi alla Camera, il presidente dell’autorità garante della Concorrenza ha citato il caso di Uber. Giovanni Pitruzzella ha ricordato come l’Antitrust avesse già suggerito delle modifiche alla Legge 21/1992 in materia, allo scopo di eliminare gli elementi che limitano la competitività tra taxi e servizio di noleggio con conducente.

Si consideri che oggi gli NCC sono obbligati al rientro in rimessa: si tratta di una barriera all’ingresso ad altri operatori nel settore della quale l’Autorità auspica il superamento. La vicenda UberPop potrebbe quindi costituire l’occasione per mettere finalmente mano alla questione: se è vero che l’economia di Internet è una economia carica di conflitti, sta alla politica mediare per trovare il giusto equilibrio.

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