Dietrofront: il vinile supera lo streaming

Nella prima metà del 2015, la vendita di vinili ha superato di gran lunga gli introiti dello streaming con pubblicità: lo rivela un report RIAA.
Nella prima metà del 2015, la vendita di vinili ha superato di gran lunga gli introiti dello streaming con pubblicità: lo rivela un report RIAA.

Il futuro della musica potrebbe passare per il caldo suono della puntina di un giradischi. Almeno dal punto di vista economico, dove il vecchio e mai abbandonato vinile si sta rivelando una risorsa ben più redditizia rispetto ai nuovi formati tecnologici per l’ascolto sulla nuvola. È quanto rivela un report della statunitense RIAA, che svela come nella prima metà del 2015 i guadagni dai 33 e i 45 giri abbiano di gran lunga superato l’universo dello streaming ad-supported. Nessun rifiuto della tecnologia, tuttavia, né qualche forma moderna di luddismo musicale: i vinili, semplicemente, conservano un fascino che MP3 e affini non riescono a conquistare.

L’ascolto di musica in vinile è tornato prepotentemente in auge nell’ultimo decennio, quando l’industria del disco si è risollevata da un’annunciata, e fortunatamente mai avvenuta, morte. Con l’avvento degli MP3 e delle tecnologie digitali di compressione, in molti hanno riscoperto i caldi lidi del giradischi: l’analogico, infatti, a detta di molti conserva un calore inibito alle controparti digitali. E il fenomeno non coinvolge solamente i collezioni, i veri e propri irriducibili della puntina, ma anche un gran numero di ascoltatori casuali, pronti a rispolverare dalla soffitta il giradischi e aumentare la propria collezione di LP.

Nella prima metà del 2015, le vendite di vinili hanno garantito 221,8 milioni di dollari in guadagni, ben 60 milioni in più rispetto ai servizi di streaming, in particolare quelli supportati dall’advertising. Si tratta di un aumento del 52% rispetto allo scorso anno, una crescita che ha dell’incredibile considerato come quello del vinile sia stato un universo dato per spacciato solo pochi anni fa. Anche YouTube, Spotify e Vevo, ovvero quelli considerati da RIAA nella rivelazione degli ad-supported, sono aumentati nell’ultimo anno, ma non così velocemente come la controparte a 33 giri: 162,7 milioni di dollari, per un 27% di crescita.

Nel mentre, rimane sostanzialmente invariato il quadro complessivo dell’industria discografica rispetto al 2014, un ambiente che si fa sempre più frammentato e sempre meno legato al CD, un supporto in calo fra le scelte degli utenti. Il download di singoli e album è ancora l’ambito che porta i maggiori introiti, tanto da coprire il 40% di tutti i guadagni dell’industria, anche se si prospetta nei prossimi anni verrà del tutto superato dai servizi di streaming, grazie anche all’affermazione di molte alternative in abbonamento, da TIDAL ad Apple Music, passando per Google e molti altri. La sfida, sempre secondo RIAA, è però rendere questi servizi più remunerativi, poiché al momento non ancora considerati sufficientemente equi da parte dell’industria. Così ha spiegato il CEO Cary Sherman:

I dati continuano a riflettere la storia di un business che sta vivendo un’enorme transizione. Il prodotto della musica e lo straordinario roster di artisti, rappresentato dalle etichette discografiche di oggi, continuano a generare un’alta domanda. Allo stesso tempo, l’intensa domanda e i miliardi di stream non sempre corrispondono a tassi di mercato equi oppure a un equilibrato campo di gioco. Rispondere a tutto ciò è un elemento essenziale per realizzare l’enorme promessa del mercato digitale.

Nel mentre di una soluzione per i tempi futuri, non resta che regolare peso di lettura, antiskating e quant’altro, per immergersi nell’ascolto del più classico dei vinili.

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